Ci sono giorni in cui la musica impegnata o complessa ti disintegra il morale. Quelli in cui Thom Yorke è l'Anticristo, i Joy Division la peste bubbonica e il post-rock un'arma di distruzione di massa.
E' in quei momenti che subentrano i Brand New Heavies: la loro interessante amalgama di funk, soul, pop e R&B è tanto innocua quanto piacevole e spensierata. I testi sono semplici, la musica è facile e orecchiabile ma tutto sommato onesta come poche cose che si possono trovare in circolazione: è quella che è e non ha pretese che non può permettersi o manie di protagonismo. Non è da confondere però la leggerezza dei Brand New Heavies con un sintomo di bassa qualità o squallore: dietro al progetto ci sono musicisti professionisti con un'esperienza ventennale alle spalle (Andrew Levy al basso, Simon Bartholomew alla chitarra e Jan Kincaid alla batteria) ed una grandissima voce (cambiata spesso negli anni, nel disco in questione è la splendida quanto talentuosa Nicole Russo); sono pienamente consapevoli delle loro intenzioni: fare musica che sia in grado di rianimare e intrattenere, senza appesantire in alcun modo.
"Allaboutthefunk" è un disco marginale nella loro discografia, ma incarna in pieno la descrizione: frizzante, leggero e canticchiabile. Tutte caratteristiche riassunte perfettamente nel brano apripista e singolone "Boogie", un raffinato funkettino che per qualche mese nel 2005 fu una club-hit d'alto rango, reso quasi un manifesto post-femminista dal testo e dall'interpretazione cristallina della Russo.
Gli Heavies trovano spazio per una dichiarazione d'amore verso la musica in "Need Some More", l'unico pezzo vagamente "impegnato" (una critica all'industria musicale) che rallenta un po' le danze con un sound più urban e R&B.
Scorrono piacevoli, riuscendo ad essere qualcosa di più di un sottofondo orecchiabile pezzi come "Waste My Time", "What Do You Take Me For?" e "How Do You Think", in cui viene saggiata ancora una volta l'abilità vocale di Nicole Russo e quella degli Heavies di comporre melodie a cavallo fra pop e funk capaci di rimanere impresse, ed in particolare sono il basso e la chitarra a costruire le fondamenta di questi tre brani. In "Surrender" la versatilità è massima: un groove assassino, vocalizzi sensuali e richiami latin e jazz in un pezzo che invita semplicemente a rilassarsi: il loro biglietto da visita ideale.
Meno apprezzabili sono invece l'inutile cover di "Many Rivers To Cross" di Jimmy Cliff, ben interpretata ma priva di spunti interessanti e la banale "Every Time We Turn It Up" che cerca, senza riuscirci, di richiamare la classe di "Never Stop", vecchio successo del gruppo. Molto meglio la cavalcata frenetica di "It Could Be Me", un piccolo gioiello acid jazz che insieme a "Boogie" rappresenta il momento più alto dell'album.
Si respira un'aria festaiola nella conclusiva "How We Do This", la cui ghost track non è una simulazione di orgasmi come potrebbe sembrare, ma un'assurda simulazione del parto del CD.
In conclusione "Allaboutthefunk" non è un'enciclopedia del funk. E' un disco solare, divertente e senza pretese che mette in luce il gran mestiere, la passione ed il talento del gruppo. Ai posteri definire se i Brand New Heavies dovrebbero o meno aspirare a qualcosa di diverso da musica in grado di offrire un piacere istantaneo, ma nel frattempo "Allaboutthefunk" è un disco godibile e adatto a ravvivare una festa senza ricorrere a musica dance di bassa lega.
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