I The Butterfly Effect sono una band australiana, che esordì nel 2001 con un EP omonimo per poi proseguire nel 2003 con il primo full-lenght, intitolato "Begins Here". La musica proposta era un alternative/nu-metal senza infamia e senza lode, con qualche canzone ottima e molti episodi trascurabili. L'album però ottenne un discreto successo in patria.
Oggi parliamo del secondo album, che uscì tre anni dopo, nel 2006, "Imago". Si tratta di un lavoro quasi completamente diverso dal precedente, la band abbandona (e menomale, dico io) le influenze nu, per incorporare un sound più tendente al progressive.
Parliamoci chiaro, quella di mischiare l'alternative e il prog non è un'idea nuova. Ci avevano già pensato i connazionali Dredg e Cog, e i Rishloo negli States, per non parlare di Tool, A Perfect Circle o Soen (le ultime tre band risultano però molto più ostiche e complesse degli australiani, non so perchè, è come se là si fossero fatti un sound tutto loro). Ma, sebbene le band qui citate siano da me molto apprezzate, i TBE riescono ad essere una spanna sopra, forse a parimerito con i Tool, e ora vediamo il perchè.
Come leggerete se andrete a controllare altre recensioni, la punta di diamante dei TBE è il cantante. Clint Boge è infatti un singer fuori dalla media, almeno per chi apprezza i cantanti che usano tonalità molto alte e spesso un falsetto, capace di creare testi introspettivi e personali, per poi cantarli con assoluto trasporto, rendendo le emozioni che traspaiono dai testi drammaticamente percepibili tramite la sua voce. Ok forse esagero, ma a me la sua voce piace davvero tanto, è quasi teatrale.
Questo non vuol assolutamente dire che la band che lo accompagna sia da buttare, tutt'altro. Kurt Goedhart è un chitarrista di tutto rispetto, capace di creare un riffing mai scontato e arpeggi distorti perfetti per accompagnare la voce emotiva di Clint, e Ben Hall è un eccellente batterista. E il bassista? Dopo Boge, Glenn Esmond è il musicista che mi ha colpito di più, con linee di basso sempre udibili e, soprattutto, tecniche e fantasiose.
Passando all'album, non c'è molto da dire, è perfetto. Si parte con una piccola introduzione strumentale (la title track) per poi passare ad una sfilza di canzoni stupende, durante le quali verremo trasportati nel mondo dell'Effetto Farfalla, e quando Clint si arrabbierà ci arrabbieremo, quando sarà triste moriremo dentro e quando lascerà spazio ai compagni potremo godere di ottimi arrangiamenti. Non credo ci sia mai un momento in cui l'album cala, forse solo nella corposa "In A Memory" (unica a superare i 5 minuti) che magari risulta un po' ripetitiva, ma stiamo parlando di minuzie. Una menzione d'onore vanno alle lyrics, veramente ottime, soprattutto in episodi come "The End" e la bellissima "Reach", la mia preferita
Last night I dreamt I had you with me
Close enough to fell you breathe
When I awoke I lay here empty
Cought between the want and need
Le mie canzoni preferite sono "This Year", "Reach" e "Before They Knew", che contengono tutti momenti che vi rimarrano impressi per un periodo abbastanza lungo di tempo. "A Slow Descent" è l'unica canzone che si imprime al primo ascolto, per tutte le altre servirà più tempo, ma ne vale la pena. In "Signs" e "Gone" possiamo apprezzare al meglio il lavoro del basso e della chitarra.
Ma basta, non mi dilungo ulteriormente. Questo disco deve essere un must per tutti gli amanti del rock o del metal nella sua accezione melodica. Peccato che loro non siano mai usciti dall'Australia (dove quest'album è arrivato secondo in classifica) e peccato che il terzo "Final Conversation Of Kings" sia bellissimo ma non raggiunga i livelli di questo. Ma peccato sopratutto che Clint abbia lasciato la band e non abbiano pubblicato più nulla.
Capolavoro, da avere.
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