Per voi, cos'è il punk?

E' stato un fenomeno etico-sociale che ha coinvolto gli anni '70 e, marginalmente, '80? E' stato un movimento di ribellione dei teenager di allora, in risposta all'arrogante guerra nel Vietnam condotta dai riottosi americani? E' stato un particolare genere musicale, che ha dato il via ad una miriade di gruppettini dimenticati e di mostri sacri indimenticabili, quali Clash, Ramones e Sex Pistols? Secondo voi, il punk è morto negli Eighties, e si è riscattato solo in parte nella prima metà degli anni '90, fondendosi con alcuni elementi metal e dando origine al grunge, genere di punta di Nirvana e Alice In Chains? Bene. Se avete risposto affermativamente a tutte queste domande, sappiate che dovrete fare un passo indietro e rivedere le vostre teorie. Perchè il punk è ancora fra noi: più incazzato, motivato, polemico che mai.

I Casualties sono una della band di street-punk più famose ed influenti nel loro genere. Nati nel 1990, a New York, da un'idea del cantante Jorge Contreas, uniscono molte tematiche prettamente punk (i testi, la durata limitata delle canzoni, il grande rilievo di batteria e percussioni) con alcuni elementi appartenenti al genere hardcore (la grande velocità di esecuzione, oltre all'introduzione dello screaming come parte vocale predominante). E dal 1990 ad oggi, i ragazzi hanno fatto veramente tanta strada: sia sotto il piano musicale (primo demo inciso nello stesso anno di fondazione, primo EP nel 1995, primo album, "For The Punx", nel 1997) sia sotto il piano sociale (a loro vengono attribuite le invenzioni degli slogan "up the punx" e "punx unite").

Nel 2006 esce il loro ultimo lavoro, "Under Attack" appunto: e sin dalla copertina il quartetto newyorchese svela le proprie intenzioni. L'artwork è di quelli classici (ragazzi con la cresta se ne sono visti anche fin troppi) e, nonostante il passare del tempo, ancora uno dei più diretti. E' come se Contreas dicesse: ehy, boys, qui non c'è spazio per virtuosismi, non c'è spazio per complessità strumentali, non c'è spazio per difficoltà, non c'è spazio per pesantezze ed altri oggetti non meglio identificabili. Questo è un disco punk, con i controcazzi, e basta. E di questi tempi, grazie ad Iddio se è veramente così.

La partenza è di quelle a razzo: la prima traccia omonima vede aprirsi con un riff elementare di basso, preceduto ed affiancato da alcuni colpi di cassa soffocati. La batteria poi comincia ad evolversi: cominciano ad apparire le prime rullate, mentre interviene per la prima volta sulla scena anche lo screaming rasposo di Contreas. Il ritornello non può che essere in stile adolescente-incazzato-col-mondo: un bel coretto di "Under Attack!" infilato a panino fra un drumming ed un giro di chitarra. Non c'è tempo per fermarsi, non c'è tempo per riprendersi: via con il secondo pezzo, "Without Warning". Riff di chitarra con echi vagamente Far West, batteria sempre in primo piano, strofe gracchiate dal rauco cantante, ritornelli ripassati dalla band al completo. La struttura ritmica è in perfetto stile oi!: ci si immagina già la scena, con gli skinhead davanti a noi, completi di creste, borchie, manganelli e striscioni. L'effetto è notevole davvero. Terzo pezzo, dal titolo apocalittico ("System Failed Us... Again"): apertura da antologia, con una serie di beat ripetuti e furiosi. La chitarra è come sempre limitata a due, tre accordi al massimo: quello che piace veramente è il coretto da stadio che, per tutta la canzone, intervalla (o affianca) il lavoro di Contreas. Il troppo, però, stroppia: si esagera nel posizionare i cantati collettivi, e alla fine la composizione risulta essere troppo ripetitiva. Un mezzo passo falso che rovina uno spunto decisamente interessante.

Arriva il momento di "Social Outcast": la band riesce a dosare polemica, rivolta e provocazione in questo brano (che si apre con un ribelle "We are the enemies/of this society"), e per mostrarsi attinente decide di indurire i riff di chitarra, pur mantenendosi fedele al semplice ritmo punk. Si registra una maggiore velocità alla batteria da parte di Megger Egger, ed uno screaming più arrabbiato da parte di Contreas, quasi metal. Fa decisamente contrasto quindi l'accostamento con la quinta "VIP": chitarre addolcite fino a produrre degli accordi tipici del beach pop, batteria alleggerita dall'oberoso compito di sfornare drumming supersonici, ritornello decisamente in stile Green Day, strofe molto meno aggressive della media. Anche se l'anima rivoltosa non si rinnega mai: il "fuck you" finale ne è un esempio concreto. "No Solution - No Control": sesta, perforante composizione, una delle più rapide del disco, una delle più semplici, una delle più potenti. Perfetto connubio iniziale fra batteria e chitarra: la batteria poi è lasciata libera di fare ciò che più desidera, mentre chitarra e basso si fissano su riff di tre accordi. Contreas fa quello che deve fare: casino. Lo screaming ritorna rauco e violento: e la canzone vola che è un piacere. Il settimo pezzo, "Down & Out", riserva qualche sorpresa: l'incipit è affidato a Eggers, che segna il ritmo con perizia criminale imitando le grancasse ed i tamburi delle bande. In un secondo momento la chitarra di Jake Pass Kleatis viene invitata a far parte della festa: e che festa. Mentre si può immaginare la folla sottostante che comincia a pogare con un indecente entusiasmo, il buon Contreas emette degli agghiaccianti versi, che potrebbero essere ricondotti a dei comuni screaming o ai lamenti dei maiali macellati negli stabilimenti industriali. E come nella migliore tradizione del quartetto, parole chiave sottolineate con il coretto: in questo caso, "Down & Out".

Ottavo brano: "In It For Life" è una vera e propria sfuriata, che prende in prestito tutta la rabbia del movimento oi! per trasferirla su un pedale, sei corde o una gola infiammata. Da mettere in evidenza un primo tentativo di assolo, a metà della canzone: riuscito a metà, in quanto sotto i dieci secondi non è propriamente il caso di parlare di assolo. Si apprezza la modestia, perlomeno. Dopo varie peripezie, si giunge così a "On City Streets", il capolavoro del disco. Parte iniziale dominata esclusivamente dai coretti della band: la chitarra e il basso si limitano ad un soffuso sottofondo, che si trasforma in qualcosa di più solamente verso il minuto. Via i controcori, via le delicatezze: parte una ruvida traccia punk, a predominanza screaming, con nuove evoluzioni della batteria ed una presenza più marcata del basso di Mike Beer. E' da applausi comunque l'epilogo: la band che, unita nuovamente assieme, canta con voce traballante, sintomo di sbronza pesante, "Casualties... come on Casualties" per una durata di quaranta secondi. Ed i Casualties arrivano, eccome se arrivano. Con nuova e rinnovata energia, con nuova e rinnovata ferocia: si potrebbe sintetizzare così il contenuto di "Fallen Heroes", la traccia seguente, che registra un drumming allucinante, seguito da un coro di "Fallen Heroes", verso i quindici secondi. Contreas, a danno delle corde vocali, decide di dare tutto sè stesso per vomitare l'anima sul microfono e raspare come un invasato la parola "heroes... heroes!". Ed infatti, questo eccesso di furore schiumante si nota nella penultima canzone, "The Great American Progress".

La band è ormai stremata: lo screaming di Contreas è debole, forse troppo, ed i riff incombono minacciosi sulle sue spalle, minacciando di tacciarlo. Ma anche gli accordi mancano di lucidità, e alla batteria Meggers Eggers sembra aver finito le idee. Come riprendersi da questo brusco calo? Ma con una strumentale, ovvio: "Under Attack" viene chiuso magistralmente dalla conclusiva "Stand And Fight" (e se non è punk questo...), un minuto e quarantadue secondi di spazio libero, da adibire a riff nervosi alternati a rullate rapidissime e a momenti di quiete, soffocati ben presto sotto una tonnellata di rabbia.

Per chiudere, dunque, cosa dire di questo "Under Attack"? Per gli appassionati del genere, sarebbe d'obbligo comperare il cd: un'uscita discografica dei Casualties è comunque, nel bene e nel male, un vero e proprio evento per la comunità di punk, simil-punk, skinhead e compagnia bella. Per tutti coloro che non conoscessero il genere, ma si fossero interessati, "Under Attack" rappresenta un ottimo punto di partenza. Ai detrattori della band, invece, basterà sapere questo. Con quest'ultimo cd, i Casualties nulla hanno tolto, nulla hanno aggiunto: semplicemente, e magistralmente, hanno ribadito. Requiem.

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