Questo è un gruppo estremo in tutti i sensi. Non solo i The Chariot spendono il loro tempo in tour incessantemente, ma gestiscono la band in modo quasi totalmente D.I.Y. e rifiutano di aderire ai tristissimi canoni della "scena" che è purtroppo associata con loro, ovvero l'hardcore moderno, che a mio avviso è più fumo che arrosto.

Questa band è completamente diverse da molte altre, specialmente guardando nei dettagli sotto l'armatura.  
"Long Live" continua brillantemente il discorso del precedente "Wars and Rumors Of Wars", portando il tutto a un livello ancora più personale.

Registrato quasi totalmente in presa diretta, questo disco è violenza pura. Non quella violenza fabbricata in studio, ma onesto, puro istinto che traspare dalle canzoni: Riff monotoni e martellanti, feedback che graffiano i timpani, cambi di tempo e stacchi così "umani" che una quantizzazione metronomica non riuscirebbe mai a creare.

I The Chariot suonano musica durissima e senza compromessi, che ha, per me, molto più in comune con bands come Black Flag, Minor Threat o simili glorie della prima ondata hardcore 80s che non con bands pomatissime quali Underoath o Norma Jean (che Josh Scogin, frontman dei The Chariot a prontamente abbandonato per questo progetto molto più genuino).

Il genere è quello che è e i The Chariot sicuramente non hanno inventato l'acqua calda, ma ascoltando "Long Live" non posso fare a meno di pensare che i musicisti della band abbiano vedute e gusti piuttosto eclettici. I miei "sospetti" vengono confermati da questo disco, specialmente nella brillante traccia "David De La Hoz", brillante collaborazione tra la band e lo stranissimo artista Listener,

Vale assolutamente la pena di vedere questo video, che dimostra il geniale processo di registrazione del brano sopra citato e che in qualche modo riassume lo spirito del gruppo.

Li ho visti in concerto ed è stato uno degli eventi più violenti della mia vita. Mi ritengo fortunato ad essere tornato a casa solo con qualche graffio e qualche livido!

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