Mai stati in Irlanda? È un problema vostro. Con tutto il rispetto per chi ha problemi di budget (capita anche a me), una gitarella in mezzo all’erica costa meno della settimana bianca e lascia un nodino nel cuore, un rimando che ti farà ripartire prima o poi, soprattutto se non sei ancora stato a Clifden, se non hai visto Dingle e Carrickfergus, se non hai bevuto alla salute di Rory Gallagher (è lui l’eroe musicale nazionale, insieme a Phil Lynott). In Irlanda si fa sempre l’autostop e la corriera fa ancora scendere per fare pipì, o cambia leggermente percorso perché Paddy deve portare una lettera a Killarney… c’è sempre quel bivio di campagna dove non sai che strada prendere (nessun cartello stradale) e chiedi al benzinaio, poi mentre discutete esce la moglie e dice, se non hai fretta perché non resti a pranzo? Nel vero pub irlandese – non quello turistico – la prima birra si beve in piedi al bancone, alla seconda ci si può appoggiare e solo alla terza è socialmente consentito sedersi. Ho scritto birra? Volevo dire pinta.

Adesso non vorrei parlare del cielo d’Irlanda di Massimo Bubola, che peraltro ha pienamente ragione, ma di quella volta che andai per inseguire i Chieftains, perché ogni gruppo tradizionale di un certo livello ha l’abitudine di suonare nei pub e si va a bere (ovviamente), ma se non si finisce sotto il tavolo si vedono dei bei concerti. Si vedono e si suona, soprattutto se ti sei portato la chitarra ma soprattutto se vieni da Roma, perché si sparge la voce e dopo cinque minuti sono tutti convinti che tu sia un amico personale del Papa, e ti è persino permesso fregare il whistle del padrone del locale per suonare ‘Mha Na Eireann’ (se ne vanterà per anni).

Ho visto i Chieftains e ho portato loro le birre, ma non ho avuto coraggio di suonare con Sua Maestà Paddy Moloney, Orgoglio d’Irlanda, Capitano tra i Capitani, virtuoso d’uileann pipes come nessun altro. M’ero preparato dei fraseggi da paura, ma ho strimpellato due stronzate e mi sono affogato di commozione e di Guinness.

Però da quel giorno non son mai passati sette giorni senza che io pigliassi (per dire) ‘Chieftains 4’, il loro disco più bello, e lo piazzassi sul piatto per ascoltare soprattutto ‘Drowsy Maggie’ - prima nella mia top ten di pezzi irlandesi – e subito dopo ‘Mha Na Eireann’ (Women Of Ireland), che tutti conosceranno perché Stanley Kubrick la volle per ‘Barry Lyndon’ scegliendo questa versione tra decine di altre. E certo: i Chieftains suonano da fare paura, non a caso erano la band preferita da Zappa. Suonano da paura e riempiono il cuore di calore: lo stesso delle giacche di fustagno, del pub alle sei del pomeriggio, delle coppole e dei maglioni a collo alto d’Aran, della soup of the day e della straordinaria accoglienza della gente d’Irlanda.

Amare la musica irlandese (e magari assistere ad uno dei loro dance contest) vuol dire anche accostarsi con maggior piacere e consapevolezza a tutto il movimento del folk inglese, da Bert Jansch ai Pentangle, dai Fairport Convention agli Steeleye Span ai Clannad d’annata, perché tutti i menestrelli del regno hanno sempre guardato con estremo rispetto alla forma musicale purissima che proprio i Chieftains contrabbandano da cinquant’anni, senza mai uno strumento elettrificato o che non appartenga direttamente alla tradizione della gente d’Ys. Persino un mostro sacro come Alan Stivell, campione della musica bretone e fautore della fusione dei generi e degli stili, abbassa la voce quando parla dei Chieftains e si leva il cappello (leggenda vuole che glieli abbia fatti conoscere il suo chitarrista, l’altrettanto mitico Dan Ar Bras).

Insomma, se conoscete l’Irlanda ci siamo capiti a sufficienza, e leggendo queste povere righe – che non sono riuscite a renderne l’essenza e la magia – è tornata la voglia anche a voi… se non ci siete stati a noi dispiace moltissimo, ma d’altro canto siete sempre in tempo, e tornerete anche voi con una manciata di CD che non toglierete più di mezzo, e ci scriverete una bella recensione sui Planxty, o su Christy Moore.

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