Il 4 maggio 1979 a Londra Margaret Thatcher varca la soglia al numero 10 di Downing Street.

L'11 maggio 1979 i Clash pubblicano l'ep «The Cost Of Living», la cui copertina, in origine, avrebbe dovuto effigiare il volto del primo ministro sormontato da una svastica ...

Più che in «Give'em Enough Rope», l'evoluzione dal punk consapevole ed intransigente degli esordi al rock'n'roll onnicomprensivo di «London Calling» trova senso compiuto in questo caleidoscopio di note che risponde al nome di «The Cost Of Living».

La Storia racconta di come i punksters della prima ora, in preda a furori degni di ben altre cause, menino pubblico vanto di distruggere la copia dell'ep e di «London Calling», offrendo il destro al nascente movimento anarco-punk per gettare benzina sul fuoco al ritmo ottuso dello slogan «They say we're trash: well, the name is Crass, not Clash».

Reazione frustrata e frustrante di chi vede in Joe Strummer, Mick Jones, Paul Simonon e Nick Headon l'ultimo appiglio cui aggrapparsi per mantenere viva l'illusione che il punk non sia morto: ed anche se ci sono state le avvisaglie di «Julie's Been Working For The Drug Squad» e «Stay Free», i Clash mantengono ancora salda la posizione sulla barricata con «Safe European Home», «English Civil War» e «Tommy Gun».

Ma sterili invettive alla «I'm So Bored With The U.S.A.», abiti laceri, smorfie, ghigni e capelli scarmigliati sono cliché ormai invisi ai quattro.

Quattro come i brani dell'ep, per una durata complessiva di poco inferiore al quarto d'ora, ma quel quarto d'ora ha lo stesso peso dell'eternità: perché se «London Calling» oggi è unanimemente riconosciuto come uno dei dischi fondamentali dell'epopea rock'n'roll, è pari il valore artistico e storico di «The Cost Of Living».

Lo attesta senza possibilità di smentita la ripresa iniziale di «I Fought The Law», brano scritto da Sonny Curtis nel 1960 e portato al successo dal Bobby Fuller Four nel 1966; se non che, dall'11 maggio 1979, non c'è persona sulla faccia della terra che ne attribuisca la paternità ad altri dai Clash. È vero che, nella classifica dei migliori 500 brani della storia del rock stilata dalla rivista Rolling Stone, compare la versione del Bobby Fuller Four; ma ci metto la mano sul fuoco, se non ci fosse stata quella dei Clash, a Rolling Stone non avrebbero avuto neppure sentore dell'esistenza del brano.

L'unico precedente per un evento del genere è rinvenibile nella rendition di «Hey Joe» di Jimi Hendrix. Basta questo per comprendere che ci troviamo di fronte ad un disco epocale, senza un filo di retorica.

Che i tempi siano cambiati, però, diventa certo solo nella finale «Capital Radio», brano già edito in un ep dell'aprile 1977 riservato ai lettori del New Musical Express, e qui riproposto allo scopo di stroncare le speculazioni legate alle quotazioni da capogiro raggiunte dall'introvabile reperto. È tutto nell'intro: pochi secondi, quelli necessari per suggerire ai ribelli senza causa di rivolgersi altrove alla ricerca di un pretesto per appiccare il fuoco. Dopo, i Clash scatenano l'inferno, ma i 20 secondi iniziali hanno un valore simbolico incomparabile con i 3 minuti seguenti.

Anche perché, se Nerone mise a fuoco Roma per nove giorni, i Clash non possono bruciare Londra per due anni.

Il punk è morto, o forse non è mai esistito, come immagine/immaginario, ma questo i Clash già lo sanno. Molti non se ne sono accorti, occupati come sono ad infangarli per essersi venduti alla CBS o a distruggere le copie di «The Cost Of Living» o di «London Calling»; così come non si accorgono delle premonizioni in «White Man In Hammersmith Palais»:  «Punk rockers in the UK / They won't notice anyway / They're all too busy fighting / For a good place under the lighting / The new groups are not concerned / With what there is to be learned / They got Burton suits, ah you think it's funny / Turning rebellion into money».

Il punk è morto, ma i Clash sono la stella polare per chiunque intenda il punk non come stereotipo ma come coscienza sociale: con «I Fought The Law» ci ricordano cosa significhi essere punk, con «Capital Radio» ci dimostrano cosa significhi suonare punk.

E poi, tra «I Fought The Law» e «Capital Radio Two» prende forma, in nuce, «London Calling».

Provvedono «Groovy Times» e «Gates Of The West», i microfoni di Joe e Mick fatti megafono ad uso di qualsiasi Eastside Jimmy e Southside Sue che siano alla ricerca di nuovi sogni, a bordo di un vagone della metropolitana lungo la linea che dal sobborgo londinese di Camden Town giunge, senza fermate intermedie, in qualche luogo tra la 44esima e l'8va strada di New York.

Il punk è morto, i tempi sono cambiati ed i Clash, per non affogare, hanno continuato a nuotare, e sono arrivati lontano, fino ad essere la più grande rock'n'roll band sulla faccia del pianeta, proprio come dieci anni prima i Rolling Stones che osservano il mondo affacciati sulla soglia di «Let It Bleed».

Tutto questo è «The Cost Of Living», per chi ancora crede che un disco possa cambiare una vita.

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