Ovvero quando “El Pibe” de Colombia annichilì “El Pibe de Oro”.
Capita, nel calcio, così come in tante altre cose, di dare per scontati certi assunti, quasi fossero dogmi incontestabili. Così se si chiede in giro chi sia stato il più grande numero 10 nella storia del calcio, la maggior parte della gente andrà sul sicuro dicendo Benito Carbone…
Evvabbene, Maradona.
Altri, più nostalgici (saudadeci per la precisione), diranno Pelè.
Qualcuno Platinì. Molti italiani diranno Baggio (sempre sia lodato), mentre a Roma la risposta più scontata sarà Franciieesco.
Se chiedete a me quale sia stato il più grande numero 10 puro nella storia del calcio - per quanto possa interessarvi il parere di un coglione - non avrei dubbi:
Carlos “El Pibe” Valderrama.
Cos’è il numero 10? È il bomber della squadra? Il goleador?
No.
Il 10 è innanzitutto l’assistman, colui che ha il compito di vedere un corridoio libero prima ancora che la difesa avversaria capisca cosa stia succedendo. Lo stratega che detta i tempi; l’uomo dell’ultimo passaggio. Quello decisivo.
Il 10 non può essere un egoista, il 10 vero, il 10 puro ha un solo scopo nella vita: far segnare i propri compagni. Per quanto mezze seghe possano essere, lui offrirà a tutti l’occasione di diventare protagonisti.
Regista, appunto.
Il 10 è poesia. Arte.
È uno che corre poco, ma corre bene.
Sembra fermo, ma sta sempre nel posto giusto.
Carlos sembrava fermo, anche se in realtà trotterellava, ogni tanto pure qualche scatto giusto per far capire che in fondo, volendo, ne era capace. Ma quello che viaggiava veramente era il pallone.
Il Gol? Ok, se proprio capita, altrimenti meglio far segnare Iguaràn o Galeano (per i nomi completi rivolgersi all’ufficio anagrafe di Bogotá, ma fossi in voi mi farei i cazzi miei).
Un tocco e ti mandava in porta.
Due tocchi, tic toc, chi è? Dio.
Vittoria della Colombia in casa dell’Argentina campione del Mondo in carica.
Sorpresa? Mica tanto.
Partita magistrale di Carlos. Suo è l’assist della seconda rete colombiana che di fatto chiuse i conti.
Maradona si mangiò un gol già fatto, ipnotizzato da un altro personaggio mitologico, René Higuita.
Un portiere che era più di un portiere, infatti, tra le altre cose era: un acrobata fissato con gli scorpioni; uno svitato convinto di giocare come centrocampista offensivo; il padre biologico di Kirk “superpippa” Hammett e, soprattutto, un pericolosissimo narcotrafficante.
A proposito, all’epoca si diceva che nella chioma di Carlos fossero nascosti una mezza dozzina di narcos colombiani, e che Pablo Emilio Escobar in persona fosse solito trascorrere le vacanze di Natale al sicuro fra i suoi riccioloni.
Questa storia in realtà non fu mai confermata, ma neanche smentita.
Quella nazionale non vinse nulla, ma resta, a suo modo, una delle formazioni più leggendarie di sempre.
E Valderrama ne era il fulcro.
Grazie Carlos. Ti voglio bene.
Carico i commenti... con calma