A due anni da “The Curse Of Love” (raccolta di brani incisi tra il 2005 e il 2007) e a sei dall’ultima prova in studio, il bellissimo “Butterfly House” (prima prova senza il chitarrista Bill Ryder-Jones), tornano i The Coral con questo nuovo “Distance Inbetween”, ottava prova in studio licenziata dalla band del Merseyside.

Primo disco con il nuovo chitarrista Paul Molloy (ex Zutons) ed anticipato dalla ritmatissima cavalcata psichedelica “Chasing The Tail Of A Dream” (scelta come singolo di lancio), “Distance Inbetween” ripropone i The Coral in grande forma, e desiderosi di dare una spolverata al proprio sound pur mantenendo i tratti distintivi che ne hanno fatto una delle band di punta del post britpop degli anni duemila.

Il nuovo corso si apre con “Connector”, buona opener che mette subito in mostra chitarre più nerborute e decise rispetto al passato, e setta le coordinate di un album che proseguirà su quella falsariga, già dalla successiva, bellissima “White Bird”. Detto del primo singolo, si rallenta con la titletrack, dove il frontman James Skelly (in grande forma) si avvicina a fascinazioni morrisoniane e scandisce perfettamente con la propria voce una ballad eterea e trasognata. “Million Eyes” e, soprattutto, il secondo singolo “Miss Fortune” sono parziali ritorni alle origini più classicamente britpop, comunque segnati da un’atmosfera molto più nebbiosa rispetto alle prove precedenti.

Nebbia sonora che si accumula definitivamente attorno ai due perni centrali del disco, la funerea “Beyond The Sun” e l’ancor più sinistra “She Runs The River”, inframezzate da una “It’s You” che (assieme alla successiva “Fear Machine”) sembra avvicinarsi agli Arctic Monkeys sessantini di “Suck It And See” (vedi alla voce “Black Treacle”, da quel disco) e da una “Holy Revelation” che lascia respirare proponendo un rock ‘n roll tout-court davvero inebriante.

Solida la co-produzione (assieme alla band) di Richard Turvey, ottimo e perfettamente coerente l’apporto del nuovo arrivato Molloy, che lavora perfettamente cesellando e dosando alla grande il proprio talento chitarristico lungo tutte le dodici tracce (strumentale di chiusura “End Credits” compreso).

Un ottimo punto di ripartenza questo, per i The Coral, che mette in mostra maturità, idee chiare ed una freschezza compositiva invidiabile. Aspettando la prossima mossa.

Traccia migliore: White Bird

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