Magia e medicina, sacro e profano, un universo in bilico tra un passato mai del tutto dimenticato e un futuro a tratti nebbioso.
Forse è questo il messaggio che i Coral ci vogliono trasmettere attraverso questa seconda fatica. Il gruppo di Hoylake ci offre un disco maturo ma incosciente, risoluto e soave allo stesso tempo, un lavoro fondato su un precario ma vittorioso equilibrio tra ciò che fu e ciò che potrebbe essere.
La canzone che fa da apripista a tutto ciò è "In the Forest" chiaro omaggio a ciò che fu. Un organo solenne e una soffice chitarra slide ci trasportano in una foresta decadente, dove non sarebbe improbabile incontrare i Doors persi nei loro strange days. L'altra faccia della medaglia è ben spiegata da "Talkin' Gypsy Market Blues" un insopprimibile blues vecchia maniera, suonato però da ventenni bianchi e inglesi. In mezzo a questi due estremi si trovano diverse e interessanti sfumature, come il pop elegante e vellutato di "Secret Kiss" o le colorazioni jazzate di "Milkwood Blues", che ci ricorda i tentativi di esplorazione di questo genere fatti dai Byrds una quarantina di anni prima, per approdare infine alle atmosfere country-mex di "Don't Think You're The First".
"Magic and Medicine" è un album in cui le scelte timbriche sono essenziali ma azzeccate, gli arrangiamenti ben studiati e mai superflui, e con un sound impregnato di psichedelia anni sessanta che i Coral rielaborano con sfrontatezza e con quel tocco di "sgangheratezza" tipicamente inglese. In mezzo a questo calderone magico-scentifico non manca neanche la pennellata geniale, "Eskimo Lament". Una ballad, puntellata da poche note di pianoforte, che si trasforma improvvisamente in una marcietta post sbornia da saloon. Alla fine di tutto non ci resta che confermare che i Coral sono riusciti a trovare un'affascinante punto di equilibrio, tra ciò che fu e ciò che potrebbe essere.
Carico i commenti... con calma