Questo album del 1998 segue la linea del precedente (1996) con una sostanziale differenza: qui solo miscela di pop americano e musica irlandese, in un mix che ricorda la piccola-media provincia americana e la campagna americana (come negli episodi pop del primo lavoro). Se si sostituisce la campagna americana con quella irlandese, l'effetto non è tanto diverso (tranne in pochi casi come "What can I do"). Un solo brano strumentale, "Paddy McCarthy", che precede un'altro unico brano strumentale ("Rebel heart") dell'album successivo.
Qui la bella voce di Andrea si presta anche ai rifacimenti di "Little wing" di Jimi Hendrix e alla dance di "Dreams" dei Fletwood Mac.
Una considerazione la meritano i testi scritti molto bene - come è accaduto similmente nell'album precedente - insieme ad altri autori. Analisi approfondite non sono necessarie, solo "Queen of Hollywood" merita qualche parola: la storia di una ragazza che per coltivare il sogno di diventare famosa deve lottare contro l'incomprensione della madre, del ragazzo e delle sue amiche che "le parlano dietro" ("talk on corners", modo di dire inglese (o irlandese?) che fa da titolo all'album). La sua lotta per il sogno funziona, ma arriva anche il rovescio della medaglia, come la perdita dell'innocenza. Ho dovuto faticare a capire tutto il senso della canzone, così ho chiesto aiuto a qualche sito (dimostrazione di umiltà).
Da qui arrivano i grandi classici che si uniscono a quelli del disco di due anni dopo: "Only when I sleep", la sopracitata "What can I do", "So young", "Queen of Hollywood" appunto e "I never loved you anyway" che per sua forza è destinata a rimanere la più famosa dell'album.
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