Dolores aveva il volto triste ,quel giorno. Quei mesi. Quell'anno. 1994, non posso dimenticare. La mia triste giovinezza, quel periodo. Avevo solo 13 anni, anni dal sapore agrodolce, aspro. A volte solo, a volte no. Dolores aveva il volto triste. Mi ricordava mia madre: sorridente nelle foto, sì. Ma triste. Aveva gli occhi così malinconici, come i miei, e piangeva, da sola, per non farsi vedere. Il bianco dello sfondo, il marrone del divano e il nero dei loro abiti. Che tipi. Conosciuti per caso, poi compagni di viaggio per almeno sette anni. Ho un brivido quando ascolto il riff iniziale di "Zombie", quando "I Can't Be With You" mi romba dentro con il suo ritmo sfrenato, quando la solitudine di "Everything I Said", di "Ode To My Family" e di "Daffodil Lament" mi commuovono. Quando "No Need To Argue", infine, mi uccide. Dolcemente. Un po' come Thom Yorke con la sua Sarah.
Ho un brivido quando ascolto questa musica. Così completa, così lontana, così oscura ma al contempo sì dolce. Ho un brivido, quando ascolto la voce di Dolores. Della vera Dolores, quella arrabbiata, quella triste, quella con la voglia di gridare. Non quella calma, sorniona e sdolcinata degli ultimi anni. Quella appagata.
Il vento del lungomare. Mare mosso, intrattabile, come quelli d'Irlanda. Nuvole a cirri. Avevo tutto ciò davanti casa mia, peccato non avessi anche Dublino. E Dolores. Negli ultimi quindici anni, raramente ho ascoltato un album che mi sapesse infondere tali sensazioni. Non si sono più ripetuti, i Cranberries. Ho dovuto aspettare i Radiohead e i Sigur Ros e ho conosciuto i R.E.M. troppo tardi.
Lavoro eccezionale, cari Dolores & co., il più riuscito della vostra carriera. C'è tutto, anche il vostro cuore di giovani irlandesi rampanti, al ritmo di Guinnes. Perchè vi siete fermati qui? Dolores era triste, sì. Ma almeno, allora, lo comunicava con gli occhi e con la sua voce potente, arrabbiata e lontana.
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