Nel 2002, in una fase di sospensione dopo una abbondante ingestione di Blur e Oasis (complice il loro album e 'Stop crying your heart out'), mi si era riacceso un breve amore per i Cranberries, con una canzone che riportava alle atmosfere 'drammatiche' e fortemente sentite nella musica (dei primi album) e della voce di Dolores.
La canzone è 'Stars': a rendermela coinvolgente e a darmi un assaggio delle loro atmosfere e del tempo dolceamaro della terza superiore (vedasi la recensione precedente) è stato il video, un'alternanza di immagini della natura irlandese, di lei in questa e con gli altri del gruppo che suonano.
Recensire il Best è inutile, per il semplice fatto che ho ritenuto sceglierlo come pretesto per raccontare di una importante esperienza personale.
Ma se dovessi soddisfare il principio di parlare di un disco, spenderò poche parole sulla produzione del gruppo fino a questo album: la partenza Rock con venature celtiche, non troppo forti, dei primi due album, più accentuata nel terzo hanno rivelato l'identità musicale del gruppo con il successo, partito dall'America, in tutto il mondo; il quarto disco pur piacevole mostrava una perdita di forza nello stile, ma comprensibile per la rinascita interiore della cantante dopo dei problemi di depressione per motivi personali e con la stampa (correggetemi se sbaglio).
L'ultimo album, nato nella serenità, scorre senza lasciare nessuna grande emozione.
La canzone 'Stars' è un bel ritorno alle origini del dolore che portava Dolores a scrivere le più sentite canzoni.
Ed il dolore provocato la sera del 15 Gennaio del 2018, quando ai titoli di apertura del Tg1, si era annunciata la morte di Dolores O' Riordan a Londra.
Finchè avevo saputo che era stata una morte improvvisa, ero rimasto piuttosto turbato: quando mesi dopo ho letto la vera causa (intossicazione da alcol), ho dovuto rassegnarmi al fatto che morti del genere, nella storia del Rock, sono comuni.
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