Non c'è gesto più nobile dell'agire in sostegno di ciò che necessita urgente aiuto, restando però nell'ombra; dare il proprio sostanzioso contributo, ma senza che nessuno lo sappia, se non solo pochi fortunati. Fortunati di conoscere un animo così signorile e colmo di bontà.
Di solito, in questi casi, l'essere plateali comporta spesso un doppio fine. Cito ad esempio quei governi che sfruttano situazioni drammatiche, sì aiutando, ma con il (solo?) maggiore interesse di lucrare, se non in denaro, in popolarità e consensi.
Insomma, è ben più nobile il gesto del vincitore del "misero" 5+1 che, restando nell'anonimato, devolve l'80, il 90%, l'intero bottino della sua vincita in beneficienza.
I Creation, in questo senso, furono decisamente nobili: parteciparono allo sviluppo del suono psichedelico, non dico nell'anonimato - poiché all'epoca riscossero un discreto successo grazie alle loro esibizioni live ed una manciata di fortunati singoli -, ma senza comunque riscuotere i consensi e la fortuna che spettavano loro di diritto e che avrebbero meritato ad oltranza, fino ai giorni nostri. Invece, oggi, sono praticamente dimenticati, e non vengono mai annoverati assieme ad altre band di lusso appartenenti bene o male alla stessa cultura, la stessa epoca, lo stesso movimento. Nella foto ricordo sono tra i migliori, ma nascosti da quelli più alti, fanculo.

[¹] La scorsa settimana mi sono recato in uno dei miei negozi di dischi di fiducia per sapere se si riuscisse a trovare un loro vinile e, una volta domandatolo alla cassa, mi sono sentito "rispondere": "Ma come si scrive? 'Cre-ation' come 'cre-azione'?" - Eh sì. - "Ma che genere fanno?"

Il loro stile abbracciava diversi generi, dal rhythm and blues (Cool Jerk) al rock 'n' roll (Try and Stop Me), passando per il garage, la psichedelia e il "power-pop" contornato dai primi vagiti noise (How Does It Feel to Feel, datata nientemeno 1967).

Erano fortemente influenzati dalle sonorità coetanee dei primi Who, Kinks e via discorrendo, tuttavia, il loro sound abbandonava non troppo raramente un certo derivativismo mod (Can I Join Your Band) in favore di brani più sostanziosi e che impressionassero la loro epoca (l'epica Tom Tom e la magnifica I'm Leaving).

La band ruotava attorno alle figure di Eddie Phillips, ottimo chitarrista e riff-maker (Making Time) degno del compare - minore per età e maggiore per fama ndr - Townshend, anch'esso svalutato proporzionalmente alla sua band; e l'eclettico et daltreyano Kenny Pickett, purtroppo deceduto nel 1997. Da menzionare anche John Dalton, militante successivamente nei Kinks, che suonò il basso nei pre-Creation, The Mark Four.

We Are Paintermen (Hit-Ton Schallplatten, 1967) è il loro primo 33 giri; l'unico loro vero disco, se si esclude Power Surge del 1996 - appartenente alla seconda ondata Creation, ossia frutto del post-reunion in formazione originale (!).
Un concentrato di potenziali singoli, quelli effettivi (vedasi quello che probabilmente è il loro brano più celebre, Paintermen), un paio di cover eseguite con mestiere (Like a Rolling Stone ed Hey Joe), ballate degne di lode (If I Stay Too Long, Through My Eyes) e le suddette Tom Tom, Cool Jerk e Making Time.

Si consiglia caldamente la ristampa di qualche anno fa, che implementa una serie di fondamentali tracce bonus (come l'incalzante pop di Ostrich Man) e brani risalenti alla Mark Four era (la succitata I'm Leaving, Work All Day (Sleep All Night), etc). Insomma, un'ottima sintesi di quelle che erano le varie sfaccettature del rock 'n' roll come si deve di cinquant'anni fa e che, molto spesso, tutt'oggi fatica ad essere spodestato, o, addirittura, semplicemente eguagliato.

L'imprescindibile base di ciò che oggi viene continuamente esasperato senza talvolta aggiungere effettivamente nulla di nuovo. Insomma, un grandissimo disco di una grandissima band che oggi viene ricordata pressappoco così [¹].

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