Finalmente!
Questo è stato il mio primo pensiero. Dopo ben due anni di attesa divorandomi le unghie delle dita (e anche quelle dei piedi), dopo centinaia di voci smentite sulla produzione di un nuovo e imminente album, due anni di notti insonni senza smettere di pensare a loro... ok basta così. Insomma, alla fine ce l'hanno fatta. Come avrete già capito, questo per me è un evento speciale, per un gruppo che ho immediatamente amato al mio primo ascolto di Love e per tutti i dischi successivi.
Ci avevano lasciato con l'amaro in bocca di "Born Into This" di 5 anni fa, un fiasco disarmante per una band che è sempre rimasta su livelli più che discreti, anche con il commercialissimo e malvisto Sonic Temple, e ci avevano promesso un nuovo album nettamente migliore, e con la speranza di un ritorno alle origini. Parte delle promesse sono state mantenute, infatti "Choice of Weapon" si presenta come una sorta di "Born Into This 2.0", con l'apporto di notevoli migliorie, sia nel vecchio sound cacofonico che nella produzione generale del disco, e il recupero di quello spirito e di quella grinta che ha dato vita a quel "mattone sonoro" datato 2001, e noto con il nome di "Beyond Good And Evil". Ma la vera chicca è, a sorpresa di molti (me compreso) che me ne hanno parlato, la presenza di un'aura malinconica e dark molto familiare che avvolge tutto l'album, e che rimanda indietro nel tempo ai pensieri e alle sensazioni (per chi conosce bene i Cult) di "Ceremony", quel piccolo gioiellino del rock troppo sottovalutato da tutti e tutto. Ad essere sinceri, non è tutta questa grande sorpresa, ma solo perché è la copertina che ce lo fa intuire in modo immediato, raffigurante un vecchio sciamano pellerossa, proprio come lo è il nostro caro zietto gotico e fantasmatico Ian Astbury. Inoltre, questo nono traguardo rappresenta un notevole punto d'incontro con tutti gli album passati, condividendone le sonorità goth/post-punk con quelle hard&heavy, un punto d'incontro dove Ian e l'impavido Billy Duffy danno il meglio di loro stessi, incuranti della loro età avanzata, e supportati da musicisti di tutto rispetto come Chris Wyse e John Tempesta, entrambi in carica nella band dal 2006, e quest'ultimo forte di un curriculum coi controcoglioni.
Ma quest'album è davvero tutto sto ben di Dio, come l'ho descritto finora? No purtroppo, o almeno non per me...
Nonostante tutti i suddetti miglioramenti, che ho parzialmente citato (il resto sta a voi scoprirlo, con l'ascolto), l'opera si trascina dietro il problema principale di "Born Into This", che è stato anche quello più massacrante e micidiale, ovvero: la discontinuità. La discontinuità, sia all'interno delle canzoni che delle canzoni stesse, tra momenti buoni e interessanti, e momenti noiosi e anonimi. Una trappola in cui io ci cascai inaspettatamente dopo "Honey from a Knife" e "Elemental Light", due più che ottimi brani per iniziare l'ascolto. Infatti, da "The Wolf" fino a "This Night in the City Forever", è un continuo ed altalenante susseguirsi di noia, interesse, noia, adrenalina, noia, emozione, noia, ancora noia.... Insomma, pezzi di ottimo rock Cult style come "For the Animals" e "Lucifer" e ballate malinconiche ma allo stesso tempo gioiose come "Life > Death" e "Wilderness Now" sono ingiustamente affiancati da altrettanti pezzi simili che però sembrano parzialmente studiati come riempitivi. E come succede altre volte, accade che, nella versione deluxe dell'album, ci vengono sbattute dentro un paio di canzoni che potevano tranquillamente essere inserite all'interno della tracklist principale, come sostituzione di quei brani meno azzeccati e meno convincenti. E qui intendo tutte le canzoni bonus, tutte e 4, anche quelle due già pubblicate due anni fa come singoli, "Every Man and Woman Is a Star" ed "Embers", quelle stesse canzoni che mi fecero intuire l'arrivo di un nuovo album e ben sperare in un eccellente album, data la loro stupefacente qualità, nettamente migliore di quello che era Born Into This.
Forse il mio giudizio è in parte poco chiaro e fa intendere che io, da un grande complesso, mi aspetti sempre la perfezione. No, non sempre. Sono fermamente convinto che questo nuovo Choice of Weapon faccia parte di quella particolare categoria di album che, con ripetuti ascolti e molta pazienza, aumentano significativamente il loro valore dal punto di vista personale. Quindi, tirando le somme, un disco che mi ha sia sorpreso che deluso, in quanto mi aspettavo qualcosa di semplicemente diretto e preciso, senza stare a rincoglionirsi troppo. Magari, continuando ad ascoltarlo, potrebbe piacermi sempre di più, dimenticandomi in parte dei suoi difetti ereditati. Per il momento, se voi avete intenzione di acquistarlo, posso suggerirvi di prendervi la versione deluxe a due dischi, che oltre a costare poco è ben confezionata.
VOTO = 70 / 100
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