L’anno è il 1981, il disco è “Faith”: l’opera al nero dei Cure.
La versione su cassetta, e solo quella, contiene una sorpresa sul lato B. Lo strillo sulla copertina promette “2 album al prezzo di 1”: da una parte la solita tracklist del funereo capolavoro di Robert Smith e compagni, dall’altra un terrificante incubo strumentale di circa 27 minuti: “Carnage visors”, per l’appunto. Ficcato nel posto più improbabile di tutti, difficilissimo da reperire per anni quando le musicassette cominciarono il loro lento declino, il diamante meglio nascosto della storia della band rimase tale fino al 2005, anno della ristampa in Cd di “Faith” in versione deluxe con tutti i possibili contenuti speciali, compreso questo.
Si tratta della colonna sonora di un cortometraggio in bianco e nero che apriva i concerti live del “Picture tour” del 1981: “Faith” era appena uscito e l’atmosfera che lo permeava avrebbe trasformato quel tour in un viaggio emotivo per gli stessi Cure: Smith (per quanto ci si possa fidare di lui…) dichiarò che erano quasi sempre scesi dal palco in lacrime.
“Carnage visors” è la perfetta introduzione per quei plumbei concerti, e una sorta di distillato minimale di quel senso di morte che impregnava “Faith”.
La differenza è soprattutto cromatica: se il disco vero e proprio è soprattutto nero, con squarci di luce bianca a mostrare ombre cadaveriche e prospettive non euclidee degne del “Gabinetto del dottor Caligari”, la colonna sonora che lo integra è l’apoteosi del grigio.
Il grigio è il colore della nebbia, del granito, del piombo. Nel grigio ci si perde, si vortica, abbandoniamo le connessioni con il mondo. Il grigio è umido, freddo, vischioso ma mai arrogante.
Colore di lapidi e lamiere, senza l’accecante sicurezza degli altri colori.
Più che un colore, è un’essenza, uno stato d’animo… un luogo incerto.
Il grigio è il colore del dubbio. Una rassicurante coperta di antica polvere sotto cui nascondersi e farsi cullare dalle domande irrisolte, farsi divorare dal niente con gratitudine, cancellare finalmente il rumore… perché il grigio insonorizza, è la nebbia bassa del delta padano che trasforma le voci e le risate in bave spettrali di vita lontana.
Ascoltare “Carnage visors” è come scivolare lentamente su un piano inclinato, nella nebbia. Sai che arrivare in fondo al grigio probabilmente ti devasterà, che sul fondo ti aspetta qualcosa di molto peggio, ma non puoi far altro che avvicinarti sempre di più.
Ti ripeti continuamente, come nella più famosa scena de “L’odio”: “Fin qui tutto bene, fin qui tutto bene”… finchè non giri la cassetta e cominciano le campane a morto dell’ora sacra.
Carico i commenti... con calma