Amorevole Robert incarnazione del dolore umano. Nelle mie vene scorre con grande intensità l’angosciosa “Faith”, ma il loro più straordinario capolavoro è sicuramente Disintegration.

Grandissima crescita per Robert che già a tredici anni voleva esplodere nella sua massima espressione, e così senza sosta prima forma gli Obelisk, poi Malice, poi Easy Cure e infine i The Cure nella grande nascita del mondo dark e poi una grande parentesi, la partecipazione con i Siouxsie and the Banshees. Avevo 12 anni e la sua figura mi faceva impazzire, occhi dipinti di nero intenso e confusionario, capelli arruffati, rossetto sbavato rosso sangue e quei vestiti e scarpe da tennis così enormi e sempre slacciate e quel dolore trascinante e penetrante nel suo sguardo, che brividi nel corpo, che botta al cuore il mio primo contatto vero con il mondo della musica, i The Cure. Un album via l’altro senza scomporsi mai, poi ebbero dei problemi tra di loro, crisi incisive, abbandoni dei componenti e cambiamenti e poi, nuovamente, risorgimenti, e poi sforate dalla linea dark al pop commerciale in qualche brano (quindi problematica di instabilità interiore e personale) per poi ritrovare il loro dark più nero, che riporterà alle emozioni più forti, ed ecco il “capolavoro” “Disintegration” che sembra quasi un ironia di gioco di parole, visto che dopo questo album c’è stato sempre più un calando, una disintegrazione, dopo “Wish” sicuramente sono andati a perdere l’unicità degna del loro nome, nei meandri del banale storpiato. Gruppo dall’espressione di dolore più sofferente, di totale profondità più cupa che penetra nel corpo toccano il cuore per poi raggiungere, invadere e pervadere la mente.

Disintegration è come il potere terapeutico psicologico, più lo ascolti e più tira fuori il peggio o, sotto un certo aspetto, il meglio di noi. Brani come “Love Song”, “ Prayers for Rain”, che dire se non di ascoltarli e riascoltarli quanto si desidera e poi “The Same Deep Water As You”, brano per me più doloroso, cupo ed espressivo di tutto l’Album, ma di una tale bellezza e grandezza, camminando solitario sotto un turbolento temporale, senti scorrere l’incessante pioggia sul viso, su tutto il corpo e in quei vestiti oramai inzuppati e pesanti ma all’improvviso ti fermi perché ci si getta con sfogo immediato nel brano successivo cioè “Disintegration”, più di otto minuti di fuochi d’artificio, vetri in frantumi, scosse e percosse, accelerazione più totale di una voce che come un treno in corsa ad a alta velocità sul suo binario del cuore, percorre quel cammino senza sosta diretto fino allo schianto finale. Un’atmosfera che penso sia soggettiva per tutti noi, sia in questo caso che per tutta la musica in generale o la senti in modo istintivo e naturale, o non puoi costringere il sentimento a provare ciò che non si può provare, o ami o non ami, le vie di mezzo le devi coltivare per poi non pentirti di aver perso qualcosa di irrepetibile e impossibile da ritrovare. Robert Smith, quello che crea dentro alla mia anima è di una totale grandezza che a nessun artista posso paragonarlo, sotto l’aspetto di inferimento doloroso dell’anima.

Disintegration – The Cure – Robert Smith dolce e spinosa fragilità dell’ essere, uomo sublime, cura del male e della depressione, basta volere ascoltare, anche ciò che ci spaventa e capire per poter interiorizzare il limite della sua intenzione comunicativa condivisibile con tutti gli esseri umani. Un cuore, il Cuore ammalato dell’uomo, può sorridere, basta aiutarlo. Robert sei sempre nel cuore di chi ti ama, sei una perla di grande rarità e valore personale. Adoro Robert Smith, Peter Gabriel e David Sylvian perché sono il triangolo dell’Eden, congiunzione perfetta con Dio e l’infinito.

Grazie di esistere. . .

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