E dopo aver descritto l’eclisse lunare di “Seventeen Seconds” transitiamo nell’eclisse solare di “Faith”, ovvero l’interposizione della morte (luna) tra la vita (il sole) e l’esistenza (la terra). L’onnipresente nonché immaginaria Mary (la morte), la lotta in cui si crede, la speranza che dopo la morte la vita continua, correndo in un bosco buio lugubre, e gli interminabili 17 secondi, cosa avranno svelato a Robert ? Ora Faith tenterà di svelarcelo.
Robert Smith arrivato all’estremo di un delirante esistenzialismo, dove la parola “Morte” sembra quasi indurre ad una riflessione medesima come unica fonte di salvezza per un futuro migliore, deve sforzarsi di percorrere la strada giusta, “Faith” è il cammino dell’ oltre tomba per un infinito paradiso terrestre. Questo Album è cupo, drammatico funereo, i sintetizzatori diventano strumenti di tragica claustrofobia polmonare. Paradossalmente ha la stessa identica descrizione di tematica perfetta del film-capolavoro di Kubrick, “Shining”, Robert Smith come Jack Nicholson, portatori di paranoiche mancate identificazioni, dove spazio e tempo sono collegati tra la vita e la morte che si inseguono in un labirinto spinoso, sotto una coltre di neve che copre il passaggio disperato per trovare l’uscita della salvezza. Ma bisogna leggere i testi per capire cosa frullava nella travagliata fervida mente di Robert.
C’è solo voglia di auto distruggersi, l’insapore delle cose, l’accartocciamento dei sentimenti, la delusione della verità nascosta, la tristezza inappagata, tutto si perde nei meandri del perenne pensiero, la paura di confrontarsi nella perdizione irreparabile, nel raggiungimento e all’unione con Mary. Bisogna lottare disperatamente attraversando i gironi danteschi dell’ inferno, inchinarsi al purgatorio, redimersi in paradiso, ma come fare a trovare una via d’ uscita calibrata e ricostituente che separi il bene dal male? Iniziare a sognare! Mary esiste, si deve rinunciare al peccato per non cadere nella fossa, e il peccato deve essere ucciso, ma così diventerebbe omicidio. Allora il sogno prosegue, ma Mary si è fatta gìà trasportare dalle onde dell’Eden, e l’uomo, fragile è seduto in riva al mare colmo di amarezza e desolazione, lei lo chiama soavemente, la voce dell’Angelo della morte echeggia nelle sue membra e allora alza lo sguardo e si accorge che c’ è una boa in mezzo al mare dove può tentare di salvarsi, la boa della speranza le onde rappresentano il proprio “Dio”, e così si mette in ginocchio e inizia a pregare per se stesso, chiedendo perdono se non ha saputo amarsi, chiede perdono per continuare ad amarsi, ateo o credente, lui ora si affida al suo Dio, ma non basta, la visione della tomba umida e ghiacciata è ossessionante, solca i suoi pensieri, ma la voce lo richiama e quell’ ultima speranza è il coraggio che gira intorno a questa profonda parola che si chiama “Fede”, è tutto racchiuso qui il mistero dell’essere umano, quindi resterà sempre il più grande mistero della psiche, nessuno può sapere cosa ci aspetta, l’unica maniera è arrivare a Mary nel destino divino che Dio ci ha segnato senza alterare o accelerare i tempi.
“The Holy Hour” il basso di Gallup e chitarra di Robert immortalano la fragilità angosciosa di un malessere lamentoso e cronico con un finale di rintocco di campane da morto -“Primary” traccia veloce e graffiante, una rincorsa come per liberarsi dai propri peccati emblematici - “Other Voices” , il basso raccoglie la sconfitta temporanea e un urlo elogia la morte come richiamo di un’ altra voce parallela all’essere - “All Cats Are Gray” tutto è così desolante e lontano, mancano le forze per reagire, solo un’altra vita, darà la vita, Mary ne fa parte -“The Funeral Party” batteria e tastiere in una catacombale dolorosa nenia ipnotica, in un pallido festeggiamento di un funerale quasi preventivato -“Doubt” gli strumenti e la voce lottano fino alla fine, il risveglio inaspettato e la corsa nel labirinto dona speranza per trovare l’ uscita -“The Drowning Man” la voce soave dell’ Angelo (ambiguo) che chiama ancora, e la boa come ultima speranza, il respiro incarnato che sfocia nella fede -“Faith” personalmente ritengo la traccia più addolorante, più travolgente e meravigliosa che abbia mai sentito in vita mia, brano della mia anima più cupa, indescrivibilmente mi appartiene.
La Fede vince sulla paura della sconfitta, anche se Mary ha lasciato qualche strascico in “Pornography”
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