KISS ME KISS ME KISS ME

L'album esce nella primavera del 1987 preceduto dal singolo Why Can't I Be You?; è un album musicalmente molto vario, che porta agli estremi quanto iniziato con il lavoro precedente "The Head On The Door" del 1985, presenta infatti molte sperimentazioni sonore che, ad un primo ascolto, danno l'idea di un lavoro disomogeneo e discontinuo. In realtà questo è uno degli album dei Cure che, dal punto di vista dei testi, offre una delle strutture più omogenee. Qui tenterò proprio di focalizzare la mia attenzione su quelli che ritengo essere i temi centrali di quest'opera, evidenziando la struttura che lega tra loro i vari brani dell'album.

Occhio - Bocca

"Occhio - Bocca": questa è la prima e più significativa dialettica che emerge dai testi di Kiss Me, ben evidenziata anche dalla grafica dell'album; entrambi questi due organi sono investiti da una bidirezionalità, che sottolinea caratteri ben più importanti. La bocca è legata in particolar modo al piano materiale, soprattutto per quanto riguarda tutto ciò che vi entra (cibo, aria), mentre per quello che vi esce c'è una doppia valenza, sia materiale e istintuale (lingua, urla) che razionale e ideale (i pensieri che divengono parole). L'occhio invece funge da ponte tra interno ed esterno, attraverso di esso le componenti più esteriori e quindi materiali del mondo che ci circonda arrivano alla nostra parte razionale (cervello), mentre la nostra parte più interiore (l'anima) esce all'esterno e si mostra agli altri proprio attraverso l'occhio. I due organi, quindi, fanno da ponte tra l'interno dell'uomo, suddiviso in interiorità spirituale e interiorità materiale, e l'esterno del mondo: in questo modo proprio in essi si crea una sorta di corto circuito tra dentro e fuori, tra ciò che abbiamo dentro di noi e ciò che ci circonda. Altra tematica che appare quindi fondamentale in KM e che come abbiamo visto viene introdotta già dall'opposizione occhio - bocca è l'opposizione-confusione "Dentro - Fuori": esteriorità ed interiorità, che come detto sono collegate tra loro dal circuito occhio - bocca, sono oramai indistinguibili, la perdita dell'orientamento è la conseguenza principale di tutto ciò, sia a livello spazio-temporale sia nei rapporti con gli altri che con se stessi. La figura geometrica che meglio rappresenta questa situazione è la spirale: in essa il dentro e il fuori si confondono in un tutt'uno di difficile identificazione. Nelle canzoni di KM ricorrono termini che rimandano a questa figura (girare, rotolare, contorcersi), ma anche le strutture sonore spesso evocano un andamento circolare e spiraleggiante; basti pensare alle chitarre di "The Kiss", ai fiati di "Why Can't I Be You?" e agli archi di "Catch", solo per citare alcune canzoni, ma si tratta di una caratteristica fondamentale dell'intero album.

Dal punto di vista concettuale, la presa di coscienza dell'irreparabilità della situazione, l'esterno che ha preso il sopravvento sull'interiorità e l'incapacità di saper individuare e collocare l'interiorità nell'esteriorità che ci avvolge, porta alla formulazione di una serie di ipotesi, che però vengono subito deluse dalla realtà dei fatti; fanno parte di questa categoria una serie di canzoni, legate alle tematiche del desiderio, del sogno e dell'immaginazione quali "If only tonight we could sleep", "Why Can't I Be You?", "Just Like Heaven", "Hot Hot Hot!!!", "One More Time", "The Perfect Girl", "A Thousand Hours": mondi alternativi, sognati e agognati, e irrimediabilmente destinati al fallimento.

Altre canzoni, invece, come "The Kiss", "Torture", "The Snakepit", "All I Want", "Like Cockatoos", "Shiver And Shake" focalizzano la loro attenzione sul rapporto uomo - donna, con quest'ultima che spesso viene identificata come causa principale della condizione in cui si trova l'uomo, ma che in realtà si rivela essere vittima e carnefice al tempo stesso.

A poco a poco quindi l'uomo apre gli occhi e prende coscienza della propria condizione: in un primo momento il dolore che ne deriva viene accettato in maniera quasi passiva, verso la fine dell'album invece c'è un chiaro invito a combattere e a non arrendersi mai. Il dubbio rimane e non viene affatto risolto, anzi, all'ottimistico grido di "Fight" farà seguito nel 1989 "Disintegration" in cui anche quelle poche certezze rimaste vengono definitivamente spazzate via, ma questa è un'altra storia.

THE KISS

Il brano che apre Kiss Me è un precipitare nel corto circuito esteriorità-interiorità a cui è assoggettata l'esistenza umana. L'opposizione "Dentro-Fuori" viene subito messa in evidenza: alle prime 2 strofe cui corrispondono 2 immagini penetranti di segno riempitivo ("la tua lingua come veleno così gonfia, riempie la mia bocca"; "mi inchiodi al pavimento e mi rivolti le budella") fa subito riscontro la terza strofa di segno nettamente opposto ("tirala fuori, tirala fuori tira fuori la tua fottuta voce dalla mia testa"). Il caos e il disorientamento in cui l'individuo si trova, viene chiaramente esplicato dalla contraddizione tra gli imperativi ("baciami"; "amami"; "tirala fuori") che lasciano intendere una forte volontà e partecipazione, e l'ultima strofa ("non ho mai voluto niente di tutto questo/ vorrei tu fossi morta") che si trova all'estremo opposto: da un lato il desiderio di compenetrazione, dall'altro il desiderio di annientamento e di distruzione. L'uomo non è ancora in grado di focalizzare la causa della sua condizione: il carnefice è la donna e in quanto tale è contro di lei che va sfogata la propria insoddisfazione.

CATCH

È tempo di tentare di ricordare, ma il ricordo è annebbiato e confuso. Alla certezza iniziale ("sì, lo so chi mi ricordi") fa riscontro subito un dubbio ("una ragazza che credo di aver conosciuto"). Catch mette in evidenza l'opposizione "Alto-Basso": da un lato lo sguardo rivolto verso l'alto, dall'altro il precipitare ineluttabile verso il basso che coinvolgono la ragazza del ricordo. Si insinuano i primi segni dell'esteriorizzazione rappresentati da elementi circolari: gli occhi roteano verso il paradiso; il rotolarsi sul pavimento. Il vano ed inutile tentativo di afferrarla prima che precipiti in un'altra "lei", fallisce e il tutto finisce in una sorta di oblio, da cui è difficile riemergere. La ragazza che ora sta di fronte a noi non è più quella che riemerge a fatica nei nostri ricordi, è diventata una carnefice pronta a farci soffrire e a torturarci.

TORTURE

Eccola la donna carnefice: è un incontro al buio che pone a nudo tutta l'umana fisicità quello che mette di fronte il "nuovo" uomo e la "nuova" donna. La sofferenza fisica emerge da ogni verso della canzone e trova il suo climax nell' allegoria della pelle che sempre più tesa urla tutto il proprio dolore. Il mondo oramai è completamente sottosopra e l'immagine del vampiro appeso a testa in giù non fa altro che amplificare il caos spaziale che si riflette in ognuno di noi: anche il nostro corpo finisce con l'andare sottosopra ("tagliato, spezzato, frantumato e dolorante"): è completamente aperto, ma l'interiorità che ne fuoriesce è essenzialmente fisica, nulla dell'interiorità più psicologica e spirituale compare ai nostri occhi. Eppure nonostante tutto questo dolore, il corpo ancora non è del tutto pago e le urla di sofferenza divengono suppliche affinché esso aumenti sempre di più. È nei versi finali che fa capolino un barlume di lucidità, così alla consapevolezza della tortura della vita e del rapporto uomo-donna si contrappone quel "e ci sono quasi" che lascia aperta la speranza, o forse la falsa convinzione, di riuscire a comprendere e a risolvere l'enigma dell'esistenza umana in cui si è precipitati.

IF ONLY TONIGHT WE COULD SLEEP

In questa canzone si manifesta un tentativo di fuga dalla realtà attraverso il sogno. Si susseguono una serie di immagini oniriche ("il letto di fiori"; "l'incantesimo eterno"; "le profonde acque scure") a cui fanno però da contraltare i verbi ad esse collegati ("dormire"; "precipitare"; "scivolare"), verbi quindi che connotano una caduta verso il basso, ma anche uno sprofondare dentro noi stessi per trovare l'armonia e la quiete che nella vita reale non conosciamo. Il respirare nell'acqua lascia intendere l'irrealizzabilità di tutti questi sogni e l'impossibilità che i "se" si concretizzino. Ancora una volta sono fenomeni a noi estranei, lontani e provenienti dall'alto a venirci in aiuto ("l'angelo"; "la pioggia"). L'uomo e la donna si confondono in un morbido abbraccio ("di velluto") che contrasta con la durezza della vita reale: finalmente indissolubili ed indistinguibili la pioggia dissolve i loro volti e porta via con sé la loro esteriorità, ma si tratta solamente di un attimo breve e fulmineo. È chiaro che la supplica finale ("non lasciarla finire mai") è destinata a infrangersi contro una realtà che dovrà essere affrontata e risolta in altri modi: il risveglio sarà brusco e inevitabilmente traumatico.

WHY CAN'T I BE YOU?

Questo brano è un vero e proprio inno dell'esteriorità: la donna viene ammirata a tal punto da voler essere lei, ma il tutto si risolve in uno stimolo cannibalistico - sessuale. Questa canzone, come dicevamo, non è una lode alla donna, bensì all'esteriorità che viene rappresentata con immagini vorticose, da capogiro che si rincorrono a perdifiato in ogni verso. È il richiamo alla figura della spirale e alla conseguente perdita dell'orientamento che domina l'intera canzone: alto - basso ("ti bacerò dalla testa ai piedi"), dentro - fuori ("ti mangerò tutta oppure ti abbraccerò fino ad ucciderti"). L'occhio non può nulla contro lo strapotere della bocca ("sei così meravigliosa, troppo buona per essere vera"): la fame la fa da padrona. Il girare coinvolge tutto il nostro universo, è una reazione a catena, inarrestabile, non ci resta che abbandonarci al nostro destino di divoratore - divorato: perché i ruoli alla fine in questo vortice sono tutto, tranne che definiti e definitivi. Solo per brevi istanti emergono i caratteri per cui varrebbe veramente la pena adorare la donna ("tutto ciò che fai è delicato, angelico, da sogno, delizioso"), ma sono caratteri illusori e legati alla sfera onirica; la spirale sessuale gastronomica ha sconvolto i nostri sensi e ha fatto emergere la nostra sfera più istintuale. Così nel finale l'immagine che domina su tutto fino a riassumere in chiave ironica l'affannoso incedere di questa canzone, è rappresentata dalla parte in assoluto "esteriore" della donna che abbiamo di fronte, la sua seconda pelle, quello che indossa ("sei semplicemente elegante").

HOW BEAUTIFUL YOU ARE

Si aprono squarci su un lontano passato in cui ha avuto origine il sentimento di odio, inteso come impossibilità di amare, nel rapporto uomo - donna. Un passato in cui, quanto meno, uomo e donna ambivano ad essere un'entità unica ("ci siamo promessi l'un l'altra che avremmo sempre avuto identici pensieri e abbiamo sognato di essere due anime in una"), che viene sconvolto dall'incontro con tre creature (un uomo, un ragazzo ed un bambino) anch'esse fuse in un'unica entità ("e tutti e sei gli occhi erano fissi su di te"), ma ognuna con un intento diverso. L'uomo, che già conosce l'altro sesso e le regole del gioco si ferma alla pura esteriorità della donna ("come sei magnifica"), il ragazzo che si trova nella fase di passaggio dall'età dell'innocenza all'età adulta è confuso dall'esteriorità e dalla poeticità della visione di lei ("magnifica, lei splende come una stella"), gli occhi del bambino fanno comprendere invece quello che gesti e parole non riescono ad esprimere. È così che avviene il "corto circuito" bocca - occhi che apre uno squarcio sulla reale condizione del rapporto uomo - donna: gli occhi "parlano" e fanno paura, lei non vuole essere fissata e attraverso le sue parole infrange il sogno di una possibile armonia fatta di amore e comprensione, tra uomo e donna ("odio le persone che mi guardano, allontanale da me"). L'interiorità che nel bambino si esprime in maniera spontanea ed inconsapevole, negli adulti finisce con l'essere imprigionata con vergogna in qualche oscuro anfratto del nostro corpo ed è così che l'esteriorità prevale e ci costringe in un mondo arido ed estraneo, in cui uomo e donna non si conoscono e non si amano, si nutrono avidamente l'uno dell'altra, niente più. Questa presa di coscienza ci fa precipitare sempre di più nelle viscere della nostra esistenza, fino alla fossa del serpente.

THE SNAKEPIT

Il baratro in cui siamo precipitati è una sorta di ambiente narcotizzato che spegne a poco a poco la nostra parte più interiore: il cervello e l'occhio non sono più sotto il nostro controllo (" e nessuno sa e nessuno ci vede, perché tutti si stanno bevendo il cervello"). La seconda strofa segna la sconfitta dell'interiore nei confronti dell'esteriore e sono nuovamente l'occhio e la bocca i protagonisti che rappresentano la scena. La bocca oramai ha perso la sua caratteristica interiore, cioè la parola, la capacità di comunicare ("mi sono dimenticato come si fa a parlare, non ricordo neanche una parola") e diviene così simbolo totale dell'esteriorità: il nulla, il vuoto è "pieno di ragazze stupide". L'occhio tenta fino all'ultimo di resistere, ma è tutto inutile, anch'esso è destinato a soccombere allo spettacolo che gli si pone di fronte ("ed è come se i miei occhi stessero per scoppiare e si stessero aprendo come susine"). L'individuo nei confronti di questa situazione tenta per l'ennesima volta di ribellarsi, si contorce su se stesso, ma è come un serpente che finisce con il mordersi la coda. Il fondo è stato toccato, ogni via di fuga sembra preclusa, ma in alto si scorge ancora uno spiraglio, non resta che focalizzarlo e tentare di raggiungerlo, anche se sembra impossibile, un po' come impossibile sembra raggiungere il paradiso.

JUST LIKE HEAVEN

Nella seconda parte dell'album, dopo che la prima ci ha condotti nelle viscere in cui l'uomo è precipitato, si tenta di mettere a fuoco i vari modi per cercare di risolvere e risollevare la condizione a cui l'uomo sembra inesorabilmente destinato. "Just Like Heaven" è un grido disperato rivolto a se stessi e alla vita che ci ha rubato l'unica ragazza che abbiamo mai amato. Il grido verso se stessi è dovuto al fatto di non aver saputo-potuto fare niente per impedire quanto avvenuto. La natura esteriore delle cose si è manifestata a poco a poco e l'uomo le si è abbandonato, ed è ancora un'immagine "vorticosa" ("girando sopra quel ciglio vorticoso") a segnare il cambio di prospettiva e la perdita di ogni punto di riferimento. L'uomo così ha chiuso gli occhi, impedendo al suo vero Io di rivelarsi ("perché non riesci a capire che sono innamorata di te?") e si è lasciato tentare dalla bocca: lei chiede di poter vedere quel trucco che la fa gridare, che la fa ridere e lui le bacia il volto e la testa. Il "show me" con cui inizia la canzone, anche se sembrerebbe segnare un cambiamento, in quanto il mostrare implica l'uso degli occhi, in realtà, ad una lettura più attenta ha lo stesso significato del "kiss me" con cui si era aperto l'album, solo che i ruoli si sono invertiti. Il tentativo di risollevarsi attraverso la figura femminile è destinato al fallimento, la donna parla di amore, ma in realtà ciò che vuole sono segni inequivocabili dell'esteriorità che domina il mondo. Le connotazioni "alte" riferite alla figura femminile ("morbida"; "angeli", "paradiso") molto simili tra l'altro a quelle usate in "Why can't I be you?", crollano e perdono il loro carattere illusorio ("sei proprio come un sogno") non appena entrano in contatto con la realtà delle cose. Ed infatti tutto svanisce, come un sogno, e quando gli occhi tornano finalmente ad aprirsi, la realtà che si presenta è una realtà fatta di silenzio e di solitudine.

ALL I WANT

Alla delusione per la nuova perdita fa seguito la resa, l'uomo si conforma alle regole del gioco, si abbassa al livello di ciò che lo circonda ("stanotte mi sento un animale, stanotte ululo dentro, stanotte mi sento selvaggio"). L'uomo e la donna finiscono con l'abbandonarsi agli istinti primordiali e a liberare la loro natura animalesca ("tutto quello che voglio è tenerti come un cane"); ma tutto questo degradarsi ("stanotte sto cadendo così in basso"), questo tentare di convincersi che è inutile cercare di fare qualcosa per cambiare lo stato delle cose è un continuo ingannare se stessi ed è proprio quel "questo è tutto ciò che voglio" ripetuto all'infinito che perde la sua efficacia e finisce con il rivelare l'esatto contrario. L'uomo si sente impotente, non vede vie d'uscita e rischia di lasciarsi soggiogare dall'esteriorità e dal malessere che essa comporta; quella bocca che urlando rivolge il proprio grido dentro e non fuori, è il simbolo dell'esteriorità che tenta di distruggere definitivamente ciò che resta dell'interiorità, di darle il colpo di grazia. L'individuo sente provenire dal proprio interno una spinta a combattere, ma nella condizione in cui si trova preferisce sopprimere con un urlo quell'esortazione. Per la salvezza non resta quindi che sperare in un intervento esterno che cambi il corso delle cose, come già successo in passato.

HOT HOT HOT!!!

Nella storia dell'uomo è già avvenuto che il cielo colpisse la terra per chiudere un'epoca ed aprirne un'altra, possibilmente migliore della precedente, ma la storia stessa si svolge su un percorso a spirale che non lascia speranza alcuna. I diversi periodi in cui "il fulmine ha colpito" sono simbolici di fasi storiche ampie e complesse. Sottoterra: è il periodo in cui l'evoluzione porta alla comparsa dell'uomo, gli istinti insiti nella nostra natura dominano incontrastati. Il fulmine colpisce, il basso viene pervaso ed invaso dall'alto ("il cielo crollò a terra, quel posto per un secondo si perse nello spazio"), il salto evolutivo è avvenuto, l'uomo può abbandonare quella condizione per una nuova vita in superficie. Mare: il mare è il simbolo del limite fra terra e cielo, tra basso e alto; è la seconda volta in cui compare il fulmine, anche in questo caso l'alto colpisce il basso: sono i pesci, che si trovano sotto la superficie ad essere presi e rovesciati come pioggia sopra l'uomo. Letto: la terza volta che il fulmine colpisce, sorprende l'uomo a letto, simbolo della forte valenza sessuale che l'esteriorità ha assunto. Anche qui la stanza viene colpita dall'alto e per un attimo si ritrova sulla luna, ma il problema è proprio qui, nel fatto che l'esteriorità non viene mai sconfitta definitivamente perché in realtà l'esteriorità si trova dentro l'uomo e non negli oggetti che lo circondano. Per un secondo l'alto prevale, un lampo brevissimo a cui segue immediatamente il buio ("poi tutto tornò nero").

ONE MORE TIME

Il nuovo tentativo di tendere al cielo trova la sua manifestazione in questo brano, una supplica rivolta a lei affinché ci prenda fra le sue braccia e, in un atteggiamento quasi materno, ci sollevi verso il cielo fino a farcelo toccare. Il bisogno dell'intervento femminile visto nei suoi aspetti più materni e protettivi ("così prendimi fra le tue braccia e sollevami come un bambino") è pregato ed auspicato quasi come se si trattasse di una seconda nascita. Resta però anche la consapevolezza della difficoltà e della vacuità di quell'attimo alto: all'uomo è consentito staccarsi da terra solo per un breve attimo, giusto il tempo di gustare il cielo, per poi fare ritorno alla sua natura bassa e terrena.

LIKE COCKATOOS

In questa canzone viene adottata una tecnica narrativa cinematografica: non c'è un io narrante, bensì un io osservante che si muove come una macchina da presa attorno alla scena in cui avviene l'incontro tra lui e lei. Il distacco tra uomo e donna avviene in una notte buia e piovosa, in cui torna a manifestarsi il vortice confusionale ("e tutt'attorno la notte cantava come i cacatua"). La pioggia non è una pioggia purificatrice, è invece nera, simile a sangue. L'atmosfera cupa e pesante che avvolge tutta la canzone è resa in maniera perfetta dal senso definitivo del distacco ("non te le dirò mai più queste cose") e dall'estemporaneità del rapporto, che in un mondo basso ed esteriore, non può lasciare un ricordo duraturo ("lasciò al suo posto una scia di bolle sanguinanti") e ciò che è avvenuto diviene subito un'immagine mentale destinata a perdersi e a dissolversi nella spirale notturna.

ICING SUGAR

Questa canzone mostra un punto di vista più femminile rispetto alle altre canzoni che compongono l'album. La prima immagine che viene in mente leggendo il testo è di carattere prettamente sessuale ("ti svuoterò, vuoto come può essere un ragazzo"), in realtà vista sotto la chiave di lettura che abbiamo utilizzato per tutti gli altri brani indica l'eliminare quello che l'esteriorità ha inquinato dell'interiorità, permettendo così il ritorno allo stato di purezza interiore che esisteva una volta, puro proprio come un ragazzo che sta per entrare nell'età adulta.

THE PERFECT GIRL

L'incontro con questa ragazza talmente strana e diversa che sembra provenire da un altro pianeta e di cui non si riesce a comprendere nemmeno quello che dice, crea una sensazione di confusione: si vorrebbe renderla partecipe del nostro mondo vorticoso ("mi piacerebbe farti girare tutt'attorno, mi piacerebbe metterti sottosopra"), ma il suo modo di guardare, i suoi occhi, ci fanno precipitare, ci fanno innamorare di lei. Il dubbio che resta è se questa ragazza sia reale oppure se sia una ragazza immaginaria, l'urlo disperato di "A thousand hours" farebbe propendere per la seconda ipotesi...

A THOUSAND HOURS

Ed è proprio un grido disperato e lacerante quello che si sprigiona dalle parole di questa canzone, la quale tra l'altro introduce il tema dell'inesorabilità del tempo che troverà poi la sua forma completa nel successivo album "Disintegration". Il tempo assume forme distorte e opprimenti ("mille ore sprecate al giorno") che imprigionano lo sforzo di provare a sentire in una maniera interiore ("solo per sentire il mio cuore per un secondo"). La delusione e l'insopportabilità della propria condizione esteriore e disorientata, il vento che copre ed avvolge tutto, sta raggiungendo il limite e chissà per quanto ancora l'uomo troverà la forza di resistere.

SHIVER AND SHAKE

Anche la donna, vista sempre con una sorta di attrazione - repulsione, non sembra più in grado di fornire nessun aiuto e diventa anche lei tempo sprecato ("sei una perdita di tempo"). In lei oramai non si intravede più alcuna presenza di quella luce interiore che più volte aveva acceso la speranza in un domani diverso; l'esteriorità domina e invade la figura femminile, che, proprio come la nostra esistenza, sta degradando ("sei solo tre buchi che corrono come ferite, sei una fottuta perdita, sei come una lumaca sul pavimento"). La donna diviene fonte di odio, proprio perché ha deluso le nostre aspettative, perché invece di rappresentare un possibile paradiso ha finito con l'abbandonarci in un inferno senza fine e quindi vista la sua inutilità si potrebbe benissimo farne a meno, distruggerla, eliminarla e farla sparire per sempre. Il rabbrividire finale però ci mostra un uomo pronto a tutto pur di non arrendersi e ben consapevole che la causa della sua condizione, in fin dei conti, non è la donna: anche lei è una vittima e non fa altro che impersonare ed amplificare quel richiamo all'istintualità e all'esteriorità, di cui è impregnato ogni aspetto della vita. La lotta da affrontare è con noi stessi, per risvegliare l'interiorità sopita e corrotta che è nascosta dentro ognuno di noi. Così all'imperativo iniziale "kiss me", che prevedeva un incontro tra uomo e donna uniti per combattere la decadenza dell'esistenza, passando attraverso la presa di coscienza che quella supplica non poteva essere realizzata proprio a causa della reciproca esteriorità, si arriva all'imperativo finale "fight", rivolto a se stessi, per non arrendersi.

FIGHT

Questa canzone è la summa perfetta di quanto detto per tutte le altre canzoni dell'album: l'insensibilità e l'inutilità della vita ("qualche volta non c'è nulla per cui provare qualcosa"), l'abbandonarsi impassibile e rassegnato alla sofferenza e all'inevitabile dolore ("qualche volta ti senti così vecchio, fa male quando piangi, fa male solo a respirare") e la presa di coscienza che nessuno può aiutare nessun altro ("e allora sembra come se non ci sia proprio nessun altro"). Ma la rabbia che in "Shiver and shake" veniva erroneamente rivolta verso la donna colpevole di non aiutarci, qui invece viene scagliata contro la vera causa della condizione umana: il nostro scivolare accondiscendente nella spirale con cui l'esteriorità ci ha avvolti. Così non bisogna rassegnarsi, il nostro destino non è ancora deciso ("altrimenti guardati bruciare di nuovo" che rimanda a "Hot hot hot!!!"), non si deve fingere che quello che vogliamo sia questo ("non ululare come un cane" che rimanda invece a "All i want"), si deve credere nella possibilità di risalire verso l'alto e di far uscire allo scoperto la nostra interiorità libera da ogni costrizione.

Sarà un percorso difficile e tortuoso ("così quando inizia il dolore e cominciano gli incubi ricordati che puoi riempire il cielo"), ma occorre provarci con tutte le nostre forze, non bisogna arrendersi mai.

Carico i commenti...  con calma