L'EP "Let's go to Bed" dei Cure costituisce uno spartiacque ideale fra la prima e le successive fasi della carriera ormai trentennale dell'immarcescibile Robert Smith.
Partiti con un'opera frizzante ed eterogenea come "Boys don't Cry/Three Immaginary Boys", i Cure ci hanno poi regalato la monumentale trilogia costituita dal delicato intimismo di "Seventeen Seconds", proseguita con le profondità introspettive di "Faith" e terminata sull'orlo dell'abisso scoperchiato dall'algido "Pornography", vero canto del cigno del trio in questione.
Il 12 pollici di cui trattiamo esce alla fine del 1982, a pochi mesi di distanza da "Pornography" e subito dopo la dipartita del bassista Simon Gallup. La seconda metà di quell'anno non deve essere stata positiva per Robert Smith, compresso fra il successo crescente della sua band, gli impegni paralleli con i Banshees, uno stile di vita non propriamente morigerato (riflettete, seguaci del dark-bacchettone*) e i dissapori sfociati appunto nell'abbandono della band da parte di Gallup.
Sarebbe suggestivo, sebbene completamente arbitrario, attribuire la svolta musicale e dei contenuti a questo cupo periodo di stress del front-man, ma rimane un fatto incontestabile che da questo disco in poi i Cure attraverseranno varie fasi, sposeranno vari generi musicali - con alterna fortuna - ma non saranno mai più i Cure che abbiamo amato fin qui.
Ma veniamo al vinilone vero e proprio: due soli brani; sul lato A la title track mentre il retro è occupato da "Just One Kiss". "Let's go to bed" ci lasciò interdetti quasi quanto "New Gold Dream": il synth, che diverrà ricorrente nei Cure, introduce un tema "simpaticone", che verrà ripreso per tutto il brano. Un testo altrettanto "simpaticone" (gossip rock), non stupido ma che nulla aggiunge e nulla toglie alla personalità del gruppo. in definitiva un brano che non può certo essere definito "brutto", ma la cui inconsistenza riflette la banalità dei tempi che si appropinquavano.
Il retro "Just one Kiss" invece sembra preso di peso dalle session di "Faith". Una lunga introduzione strumentale sorregge una canzone che pur non essendo un capolavoro rimane impressa nella memoria e che risente, forse, di produzione e arrangiamenti non all'altezza dei precedenti lavori. In ogni caso, la maggior parte dei gruppi new wave di quegli anni avrebbe fatto carte false per riuscire a scrivere una canzone di questo livello.
Questo per quanto riguarda i brani. Ma la scelta di Robert Smith e soci di spingere "Let's go to Bed" come singolo, e di relegare alla b-side la crepuscolare "Just one Kiss" rimane senz'altro sintomatica del passaggio epocale che la band stava attraversando, passaggio che viene confermato dai singoli successivi, "The Walk" e "Lovecats".
(*) la nota ironica nasce dalla constatazione che una parte dei Dark-Kids, forse per distinguersi da quella massa di tamarri punk e fricchettoni che giravano all'epoca, si asteneva dall'uso & abuso del proprio corpo, aspirando a una vita culturale e spirituale (quasi ascetica) che ben si confaceva con alcuni stilemi (superficiali) del genere. Che nessuno si senta offeso, mi raccomando!
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