Pornography è l'angoscia la paura e il disagio, l'attacco di "One Hundread Years" è un incubo metropolitano, ogni strumento lascia solchi che fanno male, dalla chitarra spettrale ai sinth disperati e alla martellante sezione ritmica. "A Short Therm Effect", meno serrata, è più ipnotizzante assente e lontana, con la voce di Smith a tratti effettata, voce di Smith più afflitta e disperata che mai in questo capitolo (l'ultimo della trilogia). "The Hanging Garden", si ripiomba nella notte più buia con un giro di basso oscuro quanto geniale e funeree linee di sintetizzatore, a sorreggere il tutto un ritmo tribale e la vocalità persa nel vuoto di Smith che racconta di creature inumane in un giardino degli incubi. La malinconia prende il sopravvento con "Siamese Twins", il lavoro di batteria si fa più cadenzato e i suoni rallentano, ma l'intensità e l'angoscia continuano a tormentare, così come nella claustrofobica "The Figurehead" che  si contorce in un andamento straziante e un drumming sempre più pesante che si macchia di un tribalismo oscuro. La rassegnata e onirica "A Strange Day" si dilata nello spazio fino a spegnersi in un finale che fa intravedere un raggio di sole, una luce fredda e senza vita che trova negli opprimenti sintetizzatori che aprono "Cold" il luogo dove riempire di tristezza e suoni raggelanti l'atmosfera fino alla fine.

Rumori e voci si intrecciano e formano un'inquietante e strano frastuono, mentre in mezzo ai rumori comincia a insinuarsi un'oscura nenia della tastiera, accompagnata da un drumming tribale, la nenia e il ritmo salgono sempre più sù di volume fino a sovrastare (ma non a spegnere) i rumori, l'apocalisse della title-track continua con uno Smith sempre più a terra, ma che ancora non vuole perdere la battaglia, tutto viene spazzato via nel caos, le voci distorte e i rumori prendono di nuovo il sopravvento e il disco finisce, entrando nella storia della musica in modo sinistro e ossessivo.

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