Prima dell' immobilità e della sacralità decadente di "Faith" e prima dell' estasi agonizzante di "Pornography" i Cure con il loro terzo album si immergevano in atmosfere dark per la prima volta andando ad incidere il loro primo capolavoro e uno dei dischi più rappresentativi della loro carriera.

Delle fredde note di piano riempiono la strumentale "A Reflection" che apre il disco prima di dissolversi e lasciare spazio al suono sintetico e meccanico del drumming di "Play For Today" la canzone meno scura di tutto l' album, il suo ritmo sostenuto e i rintocchi chitarristici di Smith si fondono perfettamente con le note della tastiera, "Secrets" vive di sussurri quasi recitati da Smith e malinconici giri di basso che fanno sprofondare l'atmosfera verso nebbie grigie, nebbia che si infittisce in "In Your House" sorretta da un monolitico giro bassistico di Gallup e la voce ormai in catalessi di Robert.

La strumentale "Three" va avanti minacciosa grazie ai cupi synth di Hartley, quando arriva quasi al punto di esplodere finisce per confluire in "The Final Sound" altra strumentale breve e minimalista, il suono onirico e raggelante dei sintetizzatori che aprono "A Forest" si mischia a ipnotici fraseggi della chitarra, una fredda batteria spunta dal nulla e i fraseggi di chitarra sinistri e ombrosi la seguono mentre un ipnotico giro di basso trasporta il tutto in una cavalcata cupa che potrebbe durare all'infinito nel suo incedere smarrito, sognante e triste. La successiva "M" è meno intensa e stempera per poco i toni più oscuri, pur portando con sè una vena malinconica tipica dei Cure.

Con "At Night" si ripiomba nell' atmosfera ombrosa e grigia dell' opera con la catartica voce di Smith e i suoni di chitarra affilati uniti alle distorsioni della tastiera che creano una ambientazione perfetta per le visioni notturne di Smith e soci, visioni notturne che continuano a vivere nella title-track che chiude il disco con suoni spogli e minimali e catapulta il tutto in una trance quasi immobile costruita su echi e suoni accennati, gli stessi che riempiono l'opera in ogni suo fosco passaggio.

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