Il terzo album in studio dei Cure è probabilmente uno dei più importanti della loro intensa carriera. Già con "Three Imaginary Boys" i nostri avevano contribuito a lanciare quel movimento dark che era stato introdotto dagli intramontabili Joy Division (il cui cantante Ian Curtis si suicidò proprio in quel periodo, il 18 Maggio del 1980) e che verrà in seguito affiancato da band a dir poco fondamentali quali Bauhaus e Sisters Of Mercy.
"Seventeen Seconds" vede la luce nell'aprile del 1980, facendo comparire per la prima volta le tastiere nel sound della band. Affiancato splendidamente dal nuovo bassista Simon Gallup, Robert Smith si avvia questa volta in una vera e propria ricerca interiore cercando di analizzare e di riproporre tutti gli aspetti del suo dolore, concentrandosi principalmente sulle melodie e mettendo da parte quello spirito tipicamente punk che aveva accompagnato i lavori precedenti. Tutti meravigliosi i brani dell'album, a partire dalla strumentale "A Reflection" e passando per canzoni quali "Play For Today" e "Secrets" che mettono alla luce non solo l'ormai avvenuta maturazione della band ma anche il profondo nichilismo di Smith, che egli cerca in ogni modo di evidenziare con i suoi strumenti. "Three" e "The Final Sound" sono ancora due strumentali che precedono quella che, secondo il sottoscritto, è la migliore canzone che i Cure abbiano scritto. Non, forse no; però è probabilmente quella che più riesce ad esprimere la loro concezione della musica e a rendere tangibile il loro fascino. Sto parlando di "A Forest": è il basso, affiancato dalla voce di Smith, a fare da padrone, con un incedere ipnotico ed avvolgente, mentre l'atmosfera che le note riescono ad evocare, oscura e decadente, affiancata dall'affascinante testo ("Suddenly I stop but I know it's too late, I'm lost in a forest all alone") riescono davvero a provocare nell'ascoltatore la sensazione di ritrovarsi al buio in una foresta, solo e disorientato.
"Seventeen Seconds" è un album seducente e incantevole, che mostra chiare le influenza del gruppo (Joy Division e Siouxsie su tutti) ma ancor di più mostra la maturità di una band che ormai già in quegli anni era riuscita ad affermarsi nel mondo del dark. Fondamentale.
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