Three Imaginary Boys: fulminante esordio dei Cure anno settantanove.
Tre ragazzi inglesi immaginari immersi ancora nel sound tra new-wave e fine punk. Molto pop inglese e pochi accenni dark. Ma cazzo un esordio da paura, geniale, fresco, magari ce ne fossero più spesso (Massive Attack, Baustelle, Area e pochi altri).
Dodici pezzi (e tredicesima non segnalata e solo strumentale) per trentacinque minuti di musica, urgenza e frenesia ma con stile, qualche ironia, ed un dandy come cantante. Un dandy poetico triste esagerato magico.

10.15 Saturday Night: partenza in quinta con ulteriore crescendo e voce e testo che ti fanno male dalla bellezza ed il tono così, cazzo, così pungente. Una genialata power-pop seguita da Accuracy, basso cupo e invitante, cantato dinoccolato, poi Grinding Halt, chitarra ritmica da perfetta new-wave e Robert Smith che canta come un punk. Poi due perle assolute: Another Day lento quasi dark, narcotico, liquido, amnesico, e Object il pezzo più punk e irruente del disco. La breve Subway Song è un suadente canto notturno accompagnato da basso jazz. Forse il pezzo meno bello del disco è la cover di Foxy Lady di Hendrix di rock'n'roll tribale.
Altra ottima intuizione power-pop è Meathook mentre la successiva So What è un capolavoro che sfiora il noise tra parlato cattiveria e disincanto. Eccezionali i ritornelli di Fire In Cairo e It's Not You, efficaci distillati di pop ribelle. LA titletrack, gli ultimi tre minuti che chiudono il disco, è magnifica.

Che esordio spettacolare da fuochi d'artificio e quanto spleen è sparso tra queste tracce...

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