Costruito intorno a undici prevalentemente obnubilate sixties-riletture, il recente lavoro pubblicato sotto 'Czarista'-sigla in concreto altro non è che l'intimo raccolto del solitario lavoro dell'interpretativamente intrigante Mr. John Grant, unico superstite della sfaldata transoceanica suono-entità in oggetto: rinnegato dal resto della ciurma a qualche mese di distanza dalla sortita del precedente e (pen)ultimo lavoro ("Goodbye", titolo evidentemente profetico) di due stagioni or sono.
I frammenti affastellati nella presente raccolta risultano, in concreta parte del proprio piacevole snocciolarsi, interpretati ed eseguiti in maniera pregiatamente introspettiva, personale e positiva: le chiaroscurali, scheletriche tracc(i)e che costituiscono il corpus suonandi del "Crying"-lavoro risultano, rispetto alla materia originaria, semi-irriconoscibili: atmosfere perlopiù pacate, languide, avvolgenti, concretamente crepuscolari, che pur nella loro esilità strutturale di fondo si insinuano (piacevolmente) uno di seguito all'altro, senza alcuna percepibile sofferenza, tra intratoracici atri e ventricoli puntando diritti, senza ausilio d'alcuna intermediazione sinaptica, al nostro ritmicamente pulsante organo vita-irradiante.
E' d'uopo sottolineare, approcciando il presente ricco dispensatore di cardiache suono-emozioni, che non vi sia dubbio alquno che occorra una certa qual umorale predisposizione per calarsi tra gli scarni suono-cunicoli, moderatamente (soporiferi ?) spleenistici, di cui risulta pervaso e costituito: Mr. Grant, nei cinquanta intimistici primi a disposizione, estrae e rappresenta tutta la Sua cristallina e crooneristica classe regalando una magistrale, sentita, avvincente interpretazione, in grado, in più di una occasione, di provocare il piacevolissimo effetto epidermide-accaponatorio.
Privo di qualsiasi portante struttura ritmico-percussiva il lavoro si basa su un armamentario strumentale ridotto all'osso, limitato all'esclusivo utilizzo di leggiadri, scarni incroci/stratificazioni di chitarre acustiche (presenti in tutti i brani) e slide, una solitaria, mesta tromba, un punteggiato pianoforte che episodicamente muta in ecclesiastico organo ("Strange") , sul quale si staglia il (signor) registro ugolare e la splendida, umbratile, sicura e solida voce del "nostro".
Tra i frangenti che maggiormente hanno solleticato il lato intimista-romantico origliatorio (giuro: ne possiedo uno anch'io. . ) del vacuo scrivente, citerei la magnetica brano-coppia posta in apertura composita dallo arcaico traditional "Black Is The Color" e la succedente "The Angel Eyes" (addirittura Abba) trasfigurate in scheletrici, avviluppanti, fascinosi episodi. Ulteriori motivi d'attrattiva sono contenuti nella immensamente languida "For Emily" e nella straziante "You Don't Know What Love Is" dove toni e scarne schermaglie tra acustica e elettrica si fanno (ancor) più scabre, intime e confidenziali: tanto strutturalmente esili quanto concretamente affascinanti. In contraltare, sul versante maggiormente (diciamo così) solare, annovererei la ultra-plettrata e trascinante "I Fall To Pieces" e la notevole traccia disco-titolatoria ("I'm Sorry").
Orbene nel caso in cui si necessiti d'un lagrimevole, temporaneo, liberatorio, salutare sfogo, alla percezione di quest'opera persistono para-cipollistiche se non rigagniuolisticamente oculari intensissime proprietà.
Lista delle [lacrimevoli] tracc(i)e
01. Black Is The Colour
02. Angel Eyes
03. Where The Boys Are
04. My Funny Valentine
05. For Emily
06. Leavin' On Your Mind
07. You Don't Know What Love Is
08. I'm Sorry
09. I Fall To Pieces
10. Strange
11. Song To The Siren
Carico i commenti... con calma