Maaa... Per la precisione, cosa vi ha fatto di male “Music For Pleasure”? Capisco che i diretti interessati lo snobbino perché ricorda loro un periodo turbolento, ma il resto del mondo che problema ha con il secondo album dei Damned? Quando esce nel novembre del 1977 la critica lo declassa subito a copia sbiadita, più curata nella forma e carente nella sostanza, dell'epocale “Damned Damned Damned” del febbraio '77 e i fans voltano le spalle. Sarà perché nei credits è scritto “prodotto da Nick Mason”, quel Nick Mason di quei Pink Floyd che i Sex Pistols - per non dire Malcolm McLaren - intendevano demolire, e perché viene inciso presso i Row Britannia Studios del gruppo del Lato Oscuro della Luna? Oppure all'epoca era semplicemente parso meno fresco e riuscito? Qualunque sia la risposta, io non concordo. Lo dico senza paura né vergogna, alla faccia anche dei Damned stessi: “Music For Pleasure” è un grande disco, inferiore al precedente di uno, al massimo due proverbiali peli pubici femminili, ed è un peccato che non abbia avuto un destino migliore. Ma perché inferiore, del resto? Vero, quello è il primo album di punk britannico della storia e uno dei migliori in assoluto, ma le musiche di questo “difficile secondo album” reggono mica il confronto? Eccome, cazzo!

Qualche cenno storico, giusto per far capire come i Damned siano riusciti a tirare fuori un lavoro di tale livello in un periodo assolutamente folle, il che ha quasi del miracoloso. Ad appena pochi mesi da “Damned Damned Damned” e nel mezzo del tour promozionale, i discografici sono già con il fiato sul collo per il successore; il chitarrista Brian James, che aveva composto l'esordio praticamente tutto da solo, chiede agli altri tre (Dave Vanian: voce; Captain Sensible: basso; Rat Scabies: batteria - per chi non lo sapesse -) una mano a comporre (alla fine scriverà ancora quasi tutto lui) e impone l'inserimento di un secondo chitarrista, non senza una certa diffidenza da parte del resto della band, per creare un imponente suono di chitarre sul modello degli MC5 e aumentare lo spettro di idee. Ai provini la spunta Lu Edmunds e gli ora cinque Dannati, sempre incalzati dai discografici, sono alla ricerca di un produttore famoso. Captain Sensible vorrebbe il suo idolo di sempre Syd Barrett, ma va da sé che la cosa non s'ha da fare e si trova un compromesso in Nick Mason. A detta di tutti, Mason sembra poco interessato, fa poco altro rispetto a mettere a disposizione strumentazione e sale; a detta di Nick, abituato ad impiegare mesi per registrare dischi, i giovanotti vogliono fare tutto troppo in fretta. Infine, crescono le tensioni interne: si beve come spugne, si collassa, si litiga, ci si incazza, Rat vuole andarsene nel bel mezzo delle incisioni (lo farà durante il tour promozionale) e via così.

Ora, dopo aver letto fin qui, fate un esperimento: andate ad ascoltare qualche canzone, se non conoscete già l'album, e provate con le vostre orecchie se vi sembra di sentire una band allo sfacelo e senza più nulla da dire.

Fatto? Allora lasciate che vi dica un po' più nel dettaglio come la penso io. Nelle note del booklet, Brian dice: “al tempo il punk era cambiamento, era cercare di essere diversi dal resto del punk e dal primo album. Credo proprio che non ci riuscimmo in alcun modo, ma nessuno può biasimarci per averci provato”. Dai, Brian! È già chiaro dalle prime note che c'è qualcosa di diverso: con quell'innodia spaccona da ragazzi discoli e dispettosi piuttosto che da sottoproletari teppisti da strada, Problem Child può stare tanto bene nella scaletta di un gruppo punk quanto in quelle di gruppi come AC/DC (che sia un caso il titolo?) e Slade. Infatti viene estratto come primo singolo e manco si piazza in classifica: cosa aspettarsi da un pubblico che vuole solo le nuove Neat Neat Neat e New Rose?! D'altro canto, è anche meglio che non vi siate discostati del tutto dal punk, altrimenti come avreste fatto a profetizzare l'hardcore nella velocissima e pestona Politics? Allmusic dice: “non essenziale, un album buono per collezionisti del punk dei '70”. Io replico al “non essenziale” portando come esempi una Stretcher Case dal basso in odore di new wave e il malevolo funk-punk You Took My Money, trait d'union fra Sex Pistols e P.I.L. Al fatto che sia un disco per completisti del genere, rispondo che tra loro dev'esserci stato un certo Jeffrey Lee Pierce, dal momento che quell'altro punk a rotta di collo (ancora hardcore? Massì, dai) con chitarra slide di One Way Love deve avere ispirato “Fire Of Love” dei suoi Gun Club almeno un tantino. E poi, al di là dei discorsi su influenze, non viene voglia di sano pogo con queste canzoni?! “Doveva essere un disco psichedelico”, si rammarica Rat: se aveva in mente “Odyssey And Oracle” la sua amarezza può anche starci, ma se si pensa a loschi figuri come Deviants e Edgar Broughton Band, allora mi trovi lui stesso qualcosa di più “psichedelico” nel punk di quel blues psicotico e in amfetamina di Alone. E quale ossequio migliore agli Stooges di “Fun House” di You Know con ospite un certo Lol Coxhill al sassofono? Ma la canzone migliore in assoluto è Idiot Box, geniale fin dal titolo: nelle parole una feroce tirata contro i Television, rei di essersi comportati da stronzi e non averli voluti come spalla in alcune date negli Stati Uniti; musicalmente un po' parodia e molto più un omaggio, poiché, come dice Rat, a loro i Television piacevano molto.

Eppure, tutto ciò non basta: l'album è ovviamente un flop e il gruppo si scioglie momentaneamente, salvo poi riformarsi due anni dopo senza Brian e con Sensible slittato alla chitarra. E questa è un'altra storia, senza dubbio gloriosa, che l'eventuale successo di “Music For Pleasure” avrebbe probabilmente condizionato; in fin dei conti, è andata bene così. Ma ormai gli anni sono passati, riscoprire si può ed è bene che questo disco non faccia eccezioni. “Giudicate voi stessi”, conclude Kieron Tyler, biografo dei Damned e curatore del booklet. Io l'ho fatto.

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