Siete in vena di emozioni forti? Volete ascoltare qualcosa di forte come la vodka, frizzante come lo champagne e buono, tradizionale e genuino come la torta della nonna? Bene, allora "Permission To Land", album di debutto dei The Darkness è quello che fa per voi: riffs a manetta, chitarra elettrica onnipresente, melodie fottutamente orecchiabili e, come se tutto ciò non bastasse, c'è anche l'inimitabile voce dell'istrionico frontman Justin Timb... aridaje! Justin Hawkins a rendere il tutto ancora più speciale e a conferire quell'inimitabile sound e atmosfera che costituisce la magia stessa dei The Darkness.
Niente intro sinfoniche, niente arpeggi o preamboli vari: si parte subito in quinta con il riff martellante della fulminea "Black Shuck", tre stupendi minuti di hard rock incendiario, quindi si spinge a manetta sull'acceleratore con la forsennata "Get Your Hands Off My Woman" e con la trionfale "Growing On Me", un crescendo emozionale di grandissimo impatto che si conclude con un assolo mozzafiato, così come il primo singolo, "I Believe In A Thing Called Love" che, a dispetto del nome, è un po' la loro "You Shook Me All Night Long": riff energico e impeto travolgente, con un video che rende al 100% lo spirito dei Darkness. Altre perle di valore assoluto sono l'incalzante "Givin' Up", la strafottente "Stuck In A Rut", la spensierata "Friday Night", e soprattutto l'apice tecnico e stilistico del disco: "Love On The Rocks With No Ice", sei minuti in cui i Nostri fanno davvero faville con questo midtempo esaltato da un ritmo incalzante e da un riff roccioso che non sfigurerebbero affatto in una canzone dei Deep Purple. Ovviamente, la ciliegina sulla torta in un disco così sono le ballate: "Love Is Only A Feeling" e "Holding My Own", che non rinunciano ai riff e all'energia rock; risultato: due grandissime canzoni che hanno tutta la forza e l'impatto emozionale per diventare dei veri e propri evergreen.
Conclusione: questi Darkness saranno pure derivativi (e chissefrega), non diranno niente di nuovo (e chissenefotte), non rappresenteranno certamente le inquietudini del mondo contemporaneo o altre astruse menate di questo genere (e chisseneimpipa) e magari avranno pure scopiazzato a destra e a manca, limitandosi a riproporre cose già viste e sentite (e chisseneicula), ma per me tutto quello che conta è l'impatto e l'emozione, e di emozioni Justin Hawkins e soci me ne hanno date tante e continuano a darmene, non c'è critico o solone che tenga.
VOTO 9,66/10
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