Se potessimo poggiare questo compact sul piatto di un giradischi ed osservare le innumerevoli palline gialle su fondo rosso ruotare vorticosamente al suono della musica forse avremmo trovato il modo per stonarci senza spendere una fortuna. Il perché è presto detto: The Darkside sono una scheggia di provenienza Spacemen Three. Il bassista Pete "Bassman" Bain e il batterista Stewart Roswell nel 1990 hanno fatto la stessa operazione dell'ex sezione ritmica dei Loop (The Hair & Skin Trading Co.), abbandonando un "ingombrante" chitarrista per dare una sferzata alla rotta del loro personale viaggio spaziale. Un paio di spallate a quelle barriere minimaliste che splendidamente imprigionavano la materia per dare più importanza alle pulsazioni del ritmo. E allora capita spesso di muovere i piedi al ritmo dei patterns che governano brani come "She don't come" che afferrano i Velvet Underground per i capelli ispidi di Lou in modo da piegarli alle necessità di danze psichedeliche. Oppure scatenarsi nel groove funky di "Soul Deep", dove stavolta è James Brown ad essere tirato per i peli del petto sulla pista da ballo.
Il basso di Pete Bain è il grimaldello che apre la porta: no Jimi no party. E allora l'opener " Guitar Voodoo" mostra il nuovo chitarrista Kewin Cowan addentrarsi con circospezione nelle paludi hendixiane lavorando di wahawah e distorsori mentre la batteria e il basso gli stendono un soffice tappeto tribale. Ed è proprio strano, perché un brano come la title track riporta le lancette del tempo indietro negli anni '70, quando poche parole sussurrate sullo scroscio d'acqua di chissà quale oceano psichedelico riuscivano a diffondere nell'atmosfera odori di canapa indiana. E il jingle jangle byrdsiano di "Good for Me" è affogato nei riverberi e mulinelli di quell'oceano fino a sbatterlo su uno scoglio per scoprire che è indistruttibile. Il viaggio nell'universo onirico degli Opal per trovare l'amore sulle note di un Farfisa in "Love in a burning Universe": echi di suoni lontani nel tempo riaffiorano con una dolcezza che non può far che bene.
E forse l'amore lo trovano per davvero in "Found Love" che avvolge con linee di basso il feedback dei fratelli Reid proprio come forse avrebbe fatto il datore di lavoro Sonic Boom se avesse dato loro retta. Ma è meglio che sia andata così.
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