Ci sono dischi che al primo ascolto ti scivolano addosso senza lasciarti nulla, e vanno a finire sullo scaffale a prendere polvere. Poi passa un po' di tempo, e senza sapere perché, il disco in questione finisce di nuovo nel lettore cd, e cambia tutto. Forse sei cambiato tu, forse è cambiata l'aria che tira, sicuramente non è cambiata la musica contenuta nel dischetto, ma questa volta le note ti si appiccicano addosso, ti entrano nell'anima e capisci che non puoi più farne a meno.
Esattamente cosi è successo con Picaresque, l'ultimo lavoro dei "The Decemberists".
11 canzoni, 11 piccole storie, ognuna con la propria atmosfera unica.
Dagli echi spagnoleggianti di "Infanta", ode ad una giovane principessa di un paese lontano, alle influenze R.E.M. di "We both go down together", storia d'amore con un testo molto forte ("I found you, a tattooed tramp/A dirty daughter from the labour cans/I laid you down on the grass of a clearing/You wept but your soul was willing"
). Entra quindi in scena "Eli, The Barrow Boy" e siamo in pieno clima "David Copperfield" (non il mago, bestie!) che fa venire in mente un personaggio stile "il ragazzo ostrica" di Tim Burton, con la carriola come estensione delle braccia, da cui non si può separare. C'è la spystory "The Bagman's Gambit", ancora un amore impossibile, ballata voce e chitarra che cresce fino al finale esplosivo e caotico con gli archi. C'è l'"Engine Driver" che ci parla della forza catartica dello scrivere ("I am a writer, writer of fictions/I am the heart that you call home/And I've written pages upon pages/Trying to rid you from my bones"
). Poi il pezzo che non ti aspetti, "Sixteen Military Wives", autentica protest-song, che gli attuali gruppi "new-qualcosa" neanche possono immaginare di scrivere. Menzione speciale per "The Mariner's Revenge Song", autentico capolavoro del disco, il pezzo più teatrale del mucchio, che ci scaraventa niente popo' di meno che nel ventre di una balena!
Disco indimenticabile.
Carico i commenti... con calma