Del Byzan... chi? Obiezione accolta senza riserve: di questo quintetto, meteora della N.York alternativa nel remoto '82, si trova infatti sparuta traccia solo dissotterrando qualche rivista d'epoca. Dimenticati e a torto, anche dagli storiografi specialisti in nuova onda, costoro mostrano intanto un pedigree (sotterraneo, s'intende) di tutto rispetto: i due gemelli Braun (qui alle percussioni assortite) avevano armeggiato con basso e synth nei rimpianti Circus Mort, il chitarrista aveva prestato strumento (e crisantemi) ai cimiteriali Dark Day di Robin Crutchfield (ex-DNA) mentre voce e tasti risultano a carico nientemento che di Jim Jarmush, che avrà in seguito migliore e meritata  fortuna in cabina di regia cinematografica (ricordate "Daunbailò" con Benigni, Tom Waits e John Lurie?).

Lignaggio a parte, è in questo, credo, unico Lp che i nostri si fanno onore, muovendosi nel perimetro del suono electro-metropolitano tracciato da Talking Heads e Polyrock, ma con idee di produzione propria, unite a gusto di mischiar le carte ed eclettismo non comuni.

Sul lato A, dedito ad una forma-canzone, come si diceva all'epoca, "obliqua", la band si permette trovate fuori ordinanza (soli di chitarra acustica e contrappunti di flauto (!) in "War", vocalità di westcoastiana psichedelica memoria nella cover di "Sally go Round the Roses") in un contesto di ritmiche sottilmente nervose ed armonie educatamente dissonanti di pura razza newyorkese, con risultati talora spettacolari (si oda la "title track": piccolo miracolo d'intelligenza musicale con un chorus che, una volta entrato, non vi uscirà più dall'encefalo).

Voltato il padellone il clima si rabbuia e le cadenze si serrano ma, anche in ambiente tetro, i cinque riescono senza pasticciare ad amalgamare suoni fra loro lontanissimi. Percussionismo ai limiti dell'industriale fa da sfondo a sinistre vocalità gregoriane nell'altro grande brano del disco: "Girls Imagination" in cui non mancano persino suggestioni mediorientali (!).  Dopo l'ossessione robotica di "Welcome Machines" si chiude con l'articolato incubo strumentale di "Apartment 13", inquietante nel suo procedere a sbalzi come una seduta del Tribunale del Sant'Uffizio.

Arrivati quando sulla new wave stavano ormai scorrendo i titoli di coda e durati un nulla, i Del-Byzanteens meritano attenzione più di tanti altri del periodo... ne vale la pena.

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