Questa è una di quelle storie in cui è meglio iniziare dalla fine. Si, perché i Delgados non ci sono più.
Hanno annunciato lo scioglimento oltre un anno fa, a pochi mesi dalla morte di John Peel, il leggendario DJ della BBC che si li era coccolati come pupilli per quasi dieci anni. Un scioglimento silenzioso e senza polemiche, come nel loro stile, ma indubbiamente segnato dall'amarezza di una attenzione del pubblico e della critica mai veramente decollate.
Oggi non possiamo che immaginarli giovani pensionati di lusso nella natia Glasgow, seduti ai loro uffici della Chemical Underground, quel gioiello di etichetta che fondarono per auto-pubblicarsi i primi album e che poi è diventata un mito della discografia indipendente. Magari intenti ad ascoltare un demo di qualche promettente artista appena giratogli dall'A&R, ma ognuno con la mente occupata dai vari progetti solisti già intrapresi. E non si può che invidiarli, perché, detta così, assomiglia un po' alla vita ideale. Poi, in fondo, ai Delgados non puoi non volergli bene. Perché senza di loro non saresti sicuro che la musica di Arab Strap, Mogwai, Interpol e altra gente di questa risma, sarebbe mai arrivata fino a te, migliorandoti un po' la vita. Perchè adesso è chiaro che è anche grazie ad artisti come i Delgados, sia nella loro veste di musicisti che in quella di produttori, che la scena musicale inglese è riuscita a liberarsi dalle spire del brit-pop ormai agonizzante.
Ma soprattutto perché i Delgados hanno, in prima persona, composto e inciso della musica che è sempre riuscita a mettere d'accordo cuore e cervello. Nelle cui note, pur tra gli altri e bassi che si addicono ad ogni parabola creativa, è impossibile scovare anche un solo briciolo di mediocrità o di autocompiacimento.
A testimonianza di ciò hanno scelto di congedarsi definitivamente dal loro pubblico con questo doppio album che raccoglie le registrazioni delle Peel sessions incise nell'arco di dieci anni (1995-2005) negli studi della BBC per il programma del celeberrimo conduttore radiofonico.
E regalo non avrebbe potuto essere più gradito per chi ha avuto modo di apprezzare la loro musica. Le Peel sessions, registrazioni in studio che però sono a tutti gli effetti delle performance live, sono spesso state in grado di risollevare la musica anche di artisti non eccelsi, ma nel caso dei Delgados sembrano davvero costituire l'ambiente ideale per esaltare certe atmosfere un po' acustiche, un po' elettriche, sempre in bilico tra un fruibile pop-rock ed un sofisticato folk orchestrale, delle loro canzoni. Diviso in 7 sessioni, più un outtake dal 'Rabbie Burns Night Special' del 2003, questo album copre tutte le fasi della carriera del gruppo. Le prime 4 sessioni hanno un intento quasi filologico e testimoniano gli inizi più rumoristici dei Delgados, band ancora un po' acerba, ma dal talento già in via definizione nei primi due album; talento che non passò inosservato al compianto Peel.
L'album ed il suono decollano a partire dalla quinta sessione con 4 brani da "The Great Eastern", indiscutibilmente il loro capolavoro. La musica acquista magniloquenza con l'accompagnamento della sezione di archi, le chitarre acustiche salgono in primo piano, "Accused of Stealing" suona come un grande classico del folk-rock d'autore, pur senza esserlo mai divenuto, il flauto in "Aye Today" chiude in bellezza. A ricordarci che questo non è un banale "Best of" spicca l'assenza, da questa sessione, di "American Trilogy", uno dei pezzi più amati dal loro pubblico.
La preziosa perla dischiusa in questo album è pero la sesta sessione, interamente composta da cover, tra cui spiccano quella di "Mr Blue Sky" degli Electric Light Orchestra e "Matthew and Son" di Cat Stevens, vere chicche che delizieranno fan e non. La settima sessione chiude con pezzi da "Universal Audio", che in questo contesto riacquistano un valore che forse le registrazioni originali gli avevano negato.
29 brani a ricordarci quanto dobbiamo a questo gruppo, che ha sempre lavorato lontano dal clamore e dalle copertine delle riviste, lasciandoci una eredità di cui ancora stentiamo a riconoscere il valore.
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