A me The Devil Wears Prada piacciono, anche se non ho visto l'omonimo film. D'altronde le due cose non viaggiano di pari passo e mi chiedo chi dovrebbe pagare i diritti a chi, visto che non so se il titolo della pellicola sia stato depositato prima che la band sia nata, ma non è il caso di perdersi dietro inutili considerazioni legali. Meglio concentrarsi su ‘Plagues', secondo lavoro della band dell'Ohio, dopo il debutto "Dear Love: A Beautiful Discord" risalente allo scorso anno.
Il sestetto ha deciso che era meglio rompere gli indugi ed evitare di perdersi dietro ritocchi non così evidenti o riferimenti solo accennati, però sapientemente nascosti, e ha semplicemente cercato di comporre delle buone canzoni. Non hanno di certo riscritto le regole del metal-core e di quanto ad esso limitrofo, tanto sul suolo statunitense o europeo, però hanno preso il meglio e lo hanno amalgamato in modalità appagante. Infatti il gruppo sa essere abrasivo, multiforme e ricco di sfumature, tanto strumentali tradizionali quanto elettroniche, e poi, in un contesto melodico, ma musicalmente sostenuto, piazza - da un lato - botte estreme di breakdown e - dall'altro - innesti di tastiere catchy che sanno guadagnarsi i favori di chi, alla fine dei conti, ha "solo" voglia di mettere su un disco che lo sappia far star bene dall'inizio alla fine, senza per forza impegnarlo nella ricerca di soluzioni univoche o spericolate.
Dieci brani, che "spaccano amichevolmente" collocandosi in un ambito metallico contaminato e proiettato verso il mainstream, con tutti i limiti del caso, ma piacevoli.
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