Lasciatemelo dire, non potrebbe esistere una fine migliore per un gruppo importante come questo, capace di mantenere la testa alta per un'intera carriera, non fallendo praticamente mai e mantenendo alto il nome del genere che hanno sempre amato proporre.
Mi trovo infatti a recensire l'album di una band giunta ormai alla sua naturale conclusione. Come ampiamente sottolineato da Greg Puciato (frontman del gruppo), Dissociation chiude definitivamente la carriera dei Dillinger Escape Plan. Triste, considerando la qualità della stessa, ma reale.
Per i non conoscitori del gruppo, i nostri propongono un sound che trae ispirazione dal jazz, dal progressive e dal rock, riproponendo questa formula in chiave heavy, aggiungendoci talvolta sperimentazioni noise e condendo il tutto con una marcata venatura hardcore. E' ben chiaro come protagonisti dei brani siano gli innumerevoli tempi dispari, le politirmie, i cambi di tonalità, le dissonanze, le harsh vocals, le partiture di chitarra di matrice jazz e qualunque altra divagazione musicale vi passi per la testa, il tutto basato su uno schema che, seppur ai limiti della schizofrenia, è sempre onnipresente. Tranquilli, dopo una descrizione simile chiunque rimarrebbe confuso. Se può farvi star meglio, anche in questo platter gli elementi ricorrenti non mancano, ma anzi, vengono portati oltre il limite consentito.
Come avrete ben capito, dunque, è la follia il leitmotiv delle composizioni qui trattate. Basterebbe l'opener a ribadire quanto appena scritto, con un Greg Puciato indemoniato. Nel caso in cui non foste del tutto convinti, potreste tentare l'ascolto di pezzi come "Wanting Not So Much to as To", "Low Feels Blvd" o uno tra i preferiti dal sottoscritto, "Honeysuckle" (andateci con cautela). Anche la dubstep trova spazio nella strumentale "Fugue". Non preoccupatevi troppo però, i Dillinger Escape Plan sono in grado di regalare anche momenti più intimi e riflessivi, e lo potrete constatare con le vostre orecchie (ammesso che abbiate preservato i vostri timpani) in "Symptom of Terminal Illness", "Nothing To Forget" e nella splendida "Dissociation", a cui spetta il compito di chiudere il disco e, idealmente, la carriera del gruppo.
Menzione particolare per l'ottima produzione, curata da Steve Evetts, in grado di donare una dimensione cristallina al sound della band.
E' dunque follia musicale a tutti gli effetti quella di cui parliamo, senz'altro, ma nella loro totale imprevedibilità, i nostri dimostrano di avere la piena consapevolezza dei loro mezzi, proponendo un lavoro definibile maturo. Sicuramente non stiamo parlando di un album accessibile a tutte le orecchie, ma di un'opera a cui bisogna saper dedicare parte del proprio tempo per comprenderne i meccanismi celati dietro la totale assenza di limiti che i nostri, in totale sregolatezza, propongono.
Dissociation è l'album della maturazione completa, è la totale affermazione di quanto espresso nel precedente e ottimo One Of Us Is The Killer ed è una conclusione che non lascia l'amaro in bocca, ma estremizza perfettamente il loro stile e li consacra definitivamente nell'olimpo dei gruppi mathcore, chiudendo il cerchio iniziato nel lontano 1999 con Calculating Infinity.
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