Nel 1600, la musica sacra era la più alta affermazione di questa nobile arte. Nel 1994, il figlio di un vescovo nordirlandese, e la sua band di musica orchestrale popolare di non troppo successo fa uscire l'ennesimo splendido disco. Promenade: un disco che parla del mare, un concept album su due innamorati e sul loro rapporto con l'acqua.

Ci sarebbe molto da dire sul progetto di Neil Hannon, sulla sua musica d'autore, sul perché un uomo che sotto molti aspetti dovrebbe essere posto ai piedistalli più alti della musica popolare britannica, tanto da poter essere tranquillamente paragonato allo stesso John Lennon, invece si ritrovi ad essere solo l'amico immaginario di una minoranza di gente che ha avuto l'occasione di avvicinarsi alla sua musica. Ma in realtà spero di farvi comprendere la grandezza di questo cantautore irlandese mediante questo suo terzo disco.

Se consideriamo la carriera dei Divine Comedy (il cui nome racchiude in se i due temi musicali fondamentali di questa orchestrina: l'elevazione musicale ad uno strato superiore e al contempo un grande amore per i piccoli piaceri della vita), Promenade è un disco ancora "della giovinezza". Tuttavia contiene in se la traccia più bella mai musicata da Hannon: "Tonight We Fly", che veramente racchiude il messaggio di questa band, che esprime un volo al di la di ogni giudizio e pregiudizio, al di la dei dolori della vita terrena.
Ma partiamo dal principio: in "Bath" la nostra coppia decide di andare a farsi il bagno (un esperienza sempre molto particolare per i nostri cugini d'Oltremanica), a cui segue una scorribanda in bicicletta espressa da "Going Downhill Fast"; un esperienza musicale complessa, un misto tra la canzone vera e propria ed una specie di requiem. I due dunque intavolano una discussione letteraria in "The Booklovers", una solenne canzone con citazioni dai massimi scrittori britannici e non, un tributo ai grandi autori del passato in cui testo e musica si intrecciano in un unico flusso di sensazioni, che si intensifica nel finale eccellente.

"Seafood's Song" è un tributo musicale alla gastronomia ma arriviamo a "Geronimo": apparentemente sembra estraneo alla composizione, invece simboleggia l'incessare della pioggia che è emblema sia di "occasione rovinata" (immagenatevi un picnic) che di rinascita (i verdi campi irrigati) che tanto ha caratterizzato la plumbea civiltà britannica. "Don't Look Down" è il pezzo più schizofrenico, con l'oboe sincopato e la chitarra ritmica. È il primo passo verso l'ascensione tanto propugnata: i nostri eroi salgono in alto ma la paura di cadere finisce per renderli folli, per ovviare non possono fare altro che non guardare giù! E dall'alto vedono l'Europa: il Vecchio Continente dove nell'immaginario collettivo tutto ha inizio; in "When the Lights Go Out All Over Europe" Hannon ritaglia spezzoni di vita dell'uomo europeo e ne ricava un film francece ricco di romanticismo mentre la band suona una melodia struggente ed aristocratica.

I due allora, iniziano a ricordare la giovinezza, ne esce "The Summerhouse", dove mi sembra di cogliere qualche citazione dei Beatles: una canzone malinconica, lenta, come un vecchio film. Dopo questa canzone la ragazza mostra segni di squilibrio, ed intende gettarsi nelle acque e soccombere ad esse, il titolo del brano è "Neptune's Daughter", lo stile diventa cupo, amaro come l'acqua di mare, non intendo triste o melanconico, ma propriamente intriso di quella perversa giustizia maligna che sta dietro ogni naufragio. Potete immaginarvi l'esperienza di essere soli in un mare che cerca di affogarvi? The Divine Comedy ci sono evidentemente riusciti. Ironia della sorte, la ragazza si salva e per festeggiare i due si ubriacano e cantano "A Drinking Song"; la tipica canzone da osteria irlandese dove non importa chi sei o dove sei nato ma solo quanto sei ubriaco! Farei notare l'imbarazzante pronuncia della citazione di Orazio: "Dolce et Decorum est pro patria mori".
Una canzone che riavvicina Hannon alla sua terra natale.
Ma come in una fiaba la giornata sta per finire e mancano "Ten Second to Midnight"; sembra che il nostro buontempone ci stia lasciando ai titoli di coda di una emozionante storia tra testo e musica, invece, ecco subito dopo "Tonight We Fly". Per questo pezzo ci sarebbe da parlare a palate. È il compimento di un cammino sia per il concept album che per la band in generale. I due innamorati acquisiscono la capacità di volare ed abbandonano le preoccupazioni del mondo terreno: la composizione è tipicamente barocca e si riallaccia alla musica sacra del 1600, appunto. Possiamo quindi dire che rispetto agli altri brani ha un accezione quasi mistica; tanto che gli ultimi quindici secondi dell'album vengono nominati: "Ode to The Man".

Insomma, ho cercato di farvi capire che già al terzo album Neil Hannon non è da considerarsi un semplice cantante pop semisconosciuto, The Divine Comedy del resto non è ua semplice orchestrina per canzonette romantiche. Questo album già ci testimonia un messaggio, una fotografia delle esperienze più semplici (ed a volte più terrificanti) della vita umana.
E poi la musica ha qualcosa di ipnotico, non credo bisogni domandarsi perché queste melodie sono superiori alla moltitudine che gli si affolla accanto, io ho scelto di accettarlo per dogma.

Mi chiedo solo una cosa... cosa mai vorrà simboleggiare quella piramide di vetro dietro Neil in copertina?

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