Storia/Tributo/Anniversario (2)
Amarcord
(sempre roba vecchissima nobile algol, sopporta)
Certo che se avessero detto a Morrison che i loro dischi sarebbero diventati dei classici ahahahahah si sarebbe messo a ridere. Proprio lui dissacrante e contro come pochi in quegli anni con i vari “Ed Sullivan Show”, New Haven, Miami ecc ecc o i Doors tanto lontani da qualcosa di classico come io da un prete.... strano davvero.
E comunque:
Let’s swim to the moon
Let’s climb through the tide
Penetrate the evening that the city sleeps to hide
Let’s swim out tonight love
It’s our time to try
Park beside the ocean on our moonlight drive
“Perché non me ne canti una? Così lui cantò Moonlight Drive, e quando ne ebbi ascoltato le prime quattro frasi, dissi Urca, questo è il più bel testo che abbia mai sentito per una canzone rock’n’roll. Mentre cantava quella canzone, potevo chiaramente sentirne nella mia mente la progressione degli accordi e il ritmo, e le mie dita cominciarono immediatamente a muoversi. Gli chiesi se ne avesse delle altre, e lui rispose Oh si, ne ho un sacco e me ne fece sentire alcune. Alla fine dissi: Ascolta, queste sono le più belle canzoni rock che abbia mai sentito in vita mia, e pensa che ascolto e suono musica da quando avevo sette anni. Perché non tiriamo fuori qualcosa di buono? Jim disse: Era proprio quello che avevo in mente io. Mettiamo su una band, dissi. Si facciamolo. Ecco come ebbero inizio i Doors” Ray Manzarek
Parecchie band hanno “la canzone” che ha iniziato tutto. In questo caso “Moonlight Drive” giocò un ruolo fondamentale per la nascita del gruppo. Oltre ad essere una delle primissime canzoni-poesie scritte da James Douglas quando viveva in quell’estate del 1965 sul famoso tetto di Venice e la prima ad essere “cantata” all’incontro con Ray (in spiaggia quel 12 luglio 1965 alle 3.32 pm temperatura 28 gradi, leggera brezza sud-ovest, oceano leggermente mosso), fu il brano che indusse (dopo la lettura del testo) John ad unirsi a Jim e Ray e la prima canzone che suonarono in occasione della prova di Robby con il suo immediato ingresso a completare il quartetto delle Porte.
Se “The Doors” è uno degli album di debutto più entusiasmanti di sempre con i quattro carichi a manetta e brani che ti colpiscono come un preciso e devastante uppercut tipo Break On Through Light My Fire e The End, “Strange Days” è l’album della consapevolezza, l’album più “vero” dell’intera discografia, dove l’universo Doors nel senso più globale del termine viene espresso. Atmosfere cupe, misteriose, indecifrabili, forze oscure, storie strane, doppi sensi, vita e morte, stimoli e paranoie, mostri, ragazzine perdute, cavalli che muoiono, tanta genialità, stravaganza, psichedelia, con quel loro inconfondibile sound... “Strange Days” è uno dei miei dischi imprescindibili.
Dopo il primo album Jim fu chiaro: “Non voglio vedere la mia faccia in copertina sul prossimo album, qualsiasi cosa sarà sempre meglio delle nostre facce da cazzo”. La verità è che Morrison, dopo poco più di un anno, era già stanco dell’attenzione che la gente dedicava al suo aspetto; la rockstar dionisiaca e maledetta in pantaloni di pelle attillata ed il ruolo di sex symbol distraeva da ciò che era importante per lui: la loro musica, i suoi testi, i messaggi e lo spettacolo unico (un vero e proprio rituale) di ogni concerto della band.
La copertina di “Strange Days” con questa scena circense è strepitosa, ma soprattutto rende perfettamente l’idea dell’album che contiene. In primo piano quei buffi artisti da strada: un giocoliere, un nano, degli acrobati, un sollevatore di pesi, un suonatore di tromba sono perfetti e solo in fondo, in piccolo, sul muro di un edificio un poster col nome della band. Una copertina evocativa come poche altre che riassume tutto l’i(ni)mmaginabile.
E poi le cose come si facevano in quegli anni e in quelle atmosfere bohémien con solo gli acrobati che erano veri, il nano un “attore” trovato al momento, il giocoliere l’assistente del fotografo, il sollevatore un buttafuori e il suonatore di tromba un tassista pagato pochi dollari. Tutto spontaneo, immediato; poco ragionamento e tanto istinto, poco tempo ma tanta energia, pochi mezzi ma tanta passione.
L’Elektra comunque mise a disposizione il top della tecnologia del periodo con un nuovo banco a otto piste, gli esperti Rotchild e Botnick e l’aiuto di Doug Luban (bassista della band psichedelica del Sunset Strip, i Clear Light) per rinforzare le parti di basso. Vengono utilizzati nuovi strumenti, il suono diventa più ricercato, le atmosfere contano quanto le melodie; clavicembalo, moog, strumenti a percussioni, rumori, voce filtrata. Jim stava già iniziando la sua personale lotta con i propri demoni, ma in “Strange Days” offre probabilmente il massimo come autore, per convinzione e come timbro vocale.
Aveva ancora speranze, credeva di potere ancora fare qualcosa. I Doors, nonostante il periodo della “Summer Of Love” non sono mai stati degli hippy peace and love (forse solo Manzarek); Jim ne approvava i valori ma comprese quasi subito che il tutto così com’era non avrebbe ottenuto nulla. Si schierò spesso anche contro quel movimento che, dopo una fase iniziale promettente, si spense senza energia e senza voglia di lottare. E comunque i Doors erano oscuri e cupi e con braccialetti e collanine freak avevano poco a che spartire.
La “doppietta” The Doors/Strange Days del 1967 ha pochi eguali nella storia del Rock: le band che nello stesso anno solare escono con due album che rimarranno nella storia sono rare; oltre a loro mi vengono in mente i Love nello stesso anno, i Led Zeppelin due anni dopo ed i Sabbath nel 1970.
E allora cinquant’anni dopo ci si lascia ancora trasportare in questo viaggio incredibile attraverso la title track che ci descrive - attraverso la parabola degli “strani giorni” - i casini americani del periodo, il cantato sensuale di “You’re Lost Little Girl” (così tanto rilassato perché ottenuto con la “partecipazione” quanto mai attiva di Pam), le atmosfere uniche e malinconiche di “Unhappy Girl”, l’intrigante meraviglioso invito ad una nuotata notturna verso la luna di “Moonlight Drive” o il Rock graffiante di “My Eyes Have Seen You” forse il più grande omaggio al voyeurismo della storia del rock.
E se per descrivere la genesi della follia psichedelica di “Horse Latitude” ci vorrebbe uno scritto dedicato, nella toccante e triste “I Can See Your Face In My Mind” si combina una melodia delicata con la fine di una storia amorosa (tanto per cambiare in modo oscuro). “People Are Strange” con i suoi famosi versi ci racconta della gente diversa ed emarginata dalla società in quanto “non normale” (e quindi non gestibile a proprio piacimento dagli ignobili burattinai) con un sound cabarettistico e festaiolo; siamo probabilmente, in realtà, in uno dei primi tentativi di Morrison di scacciare le proprie paure e insicurezze attraverso il suo innato senso dell’umorismo. La giornata in cui Jim “scrisse” la canzone ha una storia allucinante (altro scritto dedicato ahahahahah)
L’amato blues trova posto solo in “Love Me Two Times”. Forse pochi sanno che questo singolo estratto dall’album fu considerato il loro primo brano “proibito”. Il sound carico e il trascinante cantato di Morrison che racconta di un ragazzo che vuole essere amato due volte, spassarsela e vivere tutto prima di partire per il Vietnam (ma anche delle avventure di “una notte” degli stessi Doors con le loro amanti) viene considerato osceno e il singolo non viene trasmesso in radio.
L’avventura si conclude con “When The Music’s Over”, un viaggio nel viaggio del disco; i Doors ti portano nel loro mondo, in un universo ultraterreno. Il brano nasce nei primi concerti e prende forma (insieme a “The End”) direttamente dal vivo prima al London Fog e poi al Whisky a Go Go. La mente viaggia e si rilassa (io mi agito ma è “normale”) mentre John, Ray e Robby improvvisano.... poi (dedicata a Rita che non c’è più) all’unisono: “We want the world and we want it now!” ... si, ci si credeva ancora.. è un viaggio in cui mi vengono in mente come protagonisti debaseriani in primis i nobili Lulù, il PoetaCosmico e Buzzin (ma lo so a Buzzin non piacciono, troppo famosi, gentaglia ahahahah), accompagnati magari dalla nobile fanciulla Heart e dal nobile Maestro Pinhead perché, si sa, è facile perdersi in quel magico labirinto.
Che anno quel 1967, a mio parere probabilmente l’Anno del Rock in assoluto per mille motivi;
se avete Sete andate a vedere la lista negli ascolti che fece poco tempo fa il nobile Hellraiser con tutti gli album che uscirono quell’anno….
L’anniversario è uscito in mono e in stereo, ma chissenefrega.
Spero abbiate tutti l’originale, anche chi non lo ascolta da una vita (vero nobile Demarga!) o non lo ascolterà mai più, perché questa, piaccia o no, è la storia del Rock senza se, ma o cagate alternative che non c’entrano una mazza.
Come dissi per il debutto ai giovani debaseriani che arriveranno prossimamente ascoltate questo disco e godetevelo fino al midollo perché qui nel 1967 sono puri come non lo saranno mai più. Mi fido di te nobile Accagei, Hj (a proposito cosa avevi assunto quando ti sei dato questo nick?! strange days proprio ahahahahah), tu ci sarai anche fra decenni ad istruire i giovani nobili.
Con te James Douglas si fa due chiacchiere tra un po’ al “Deux Magots” o a “Place de Vorges”.
Buon 2018 cari Nobili, che il blues vi accompagni sempre.
(perché come disse il nobile nes - sotto alla recensione di Iommi- pure i Black Sabbath sono un
gruppo blues, prima di tutto)
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