“This Is The End” annunciava già anni prima James Douglas Morrison.

Ho sempre pensato che il Festival di Wight 1970 abbia rappresentato la fine di un periodo. Il tramonto di quegli ideali, di quei sentimenti, tanto belli e significativi quanto utopici, nati nella prima metà degli anni sessanta. Il movimento hippy qui crolla definitivamente, ma il Peace and Love era già finito a Woodstock l’anno prima dopo aver vissuto il suo apice a Monterey nel 1967.

Amore, pace, libertà erano valori troppo nobili per essere lasciati proliferare senza porre ostacoli. Certo fu semplicissimo per il più potente e arrogante, oltre che meschino e subdolo, paese capitalista sbarazzarsi di una massa di frikkettoni che voleva riempire di fiori i cannoni e che ben presto preferì farsi comprare con l’eroina, il vil denaro e false speranze. Ci vuol ben altro per provare a sconfiggere i padroni di questo mondo.

Ma torniamo a Wight. L’ “Ultimo dei Grandi Festival Rock” con la partecipazione di 600.000 persone fu un fallimento finanziario senza precedenti nel settore, ma fu anche straordinario per aver saputo mettere insieme tanti artisti immensi. Oltre ai Doors, The Who, Hendrix, Free, Jethro Tull, Joni Mitchell, Miles Davis, Ten Years After, Joan Baez, EL&P, Cohen, Donovan, Taste, The Moody Blues, Sly and Family Stone, Pentangle, per citare i più importanti che mi vengono in mente.

La band losangelina non amava suonare ai grandi festival, aveva evitato sia Monterey che Woodstock e negli altri “minori” a cui ha partecipato non aveva trovato il giusto feeling tale da fornire esibizioni indimenticabili. Jim, John, Ray e Robby hanno sempre dato il meglio nei locali o nelle piccole arene. Il gruppo, il suo sound, Morrison soprattutto, avevano bisogno del contatto fisico col pubblico, di “vivere” il concerto insieme alla loro gente.

Le esibizioni dei Doors erano veri e propri riti, indipendentemente dalla qualità dell’esibizione; questa dipendeva sempre da ciò che Jim avrebbe detto o fatto, da ciò che voleva comunicare in quel preciso momento. Ogni concerto era diverso, la scaletta c’era ma poi era l’anima di Jim che decideva tutto. Nella loro storia abbiamo avuto concerti epocali ed esibizioni mediocri (per fortuna queste seconde inferiori alle prime). Andare ad un loro concerto significava comunque partecipare a qualcosa di unico. A volte si poteva parlare di vere e proprie opere teatrali-musicali e non di semplici concerti.


Nel corso dei decenni sull’esibizione della band all’Isola di Wight ho letto di ogni. Nei primi anni ottanta leggevo di una prestazione mediocre e scialba. Poi venne pian piano rivalutata, fino ad essere considerata negli ultimi anni una esibizione di notevole spessore. Miracoli del tempo, oppure - della serie - come vedere le cose da diverse angolazioni.

Il nostro set fu calmo ma allo stesso tempo intenso. Suonammo con una “furia controllata” e Jim era in una forma vocale straordinaria. Ha dimostrato tutta la sua forza senza muovere nemmeno un muscolo. Dionisio era stato incatenato” Ray Manzarek


Dopo averla ascoltata e vista interamente, la mia opinione è senz’altro positiva. Sapevo di un concerto diverso dal solito. Ho detto per la location ma, aggiungo, soprattutto per il momento storico che stava vivendo la band.


Per capirci meglio i primi due giorni del Festival i Doors li passarono in tribunale a Miami per il processo-farsa: “Lo stato della Florida contro James Douglas Morrison” nel quale il cantante doveva rispondere di varie accuse tra cui, la più “scandalosa”, quella di aver fatto vedere i maroni... o il cazzo ?! O entrambi?! Mah...

Ovviamente non fregherebbe una mazza a nessuno, ma i Porci Americani (scusa nobile animale) non si lasciano sfuggire l’occasione di delegittimare uno di quelli che fa troppo casino per i loro gusti.

Sarà la fiera del ridicolo con gente pagata per dire che “si, ha fatto vedere i genitali”, mentre non si prende in esame, ad esempio, la prova della difesa consistente in una registrazione integrale del concerto in cui non si sente nulla in merito (secondo i “testimoni” dell’accusa il cantante avrebbe infatti pronunciato alcune frasi introduttive alla fuoriuscita del membro, o delle palle, o del membro più palle).

I quattro arrivarono sull’isola britannica il giorno prima del concerto, immaginiamoci in quali condizioni psico-fisiche. Morrison poi da tempo è stanchissimo di tutto, il suo ruolo di rockstar sexy e maledetta, da lui tanto odiato, è ormai un lontano ricordo e il bere, oltre alla amata scrittura, è il suo passatempo preferito.

La band salì sul palco attorno alle due del mattino del 30 agosto dopo i Ten Years After e gli ELP e prima degli Who; diciamo che il loro sound meditativo risultò quantomeno fuori luogo in mezzo a gruppi che facevano del tiro e della violenza sonora la loro caratteristica principale.

I Doors comunque offrono una performance solida, compatta, senza troppi fronzoli. Solo per questo l’esibizione risulta particolare nella storia dei loro concerti; “solida, compatta e senza troppi fronzoli” non è certo la classica frase che si abbinava ad una loro esibizione.

Morrison è stranamente tranquillo, più probabilmente solo stanco. Fatto sta che si limita ad essere, per una sera, “solo” il cantante dei Doors. Niente danze sciamane, nessun incitamento a rivolte, nessun dialogo o battibecco col pubblico, zero poesie o pensieri a braccio.

Considerando tutto lo fa molto bene offrendo un’ottima performance vocale. John, Ray e Robby musicalmente non hanno mai sbagliato un colpo ed anche questa volta sono pressoché impeccabili.

La scaletta attinge tutti i brani dai primi due album con l’eccezione di una “Ship Of Fouls”, infatti decisamente fuori posto. Da questo atteggiamento di Jim, oltremodo pacato, ne risentono negativamente i brani più incalzanti e selvaggi come “Break On Through” e “Back Door Man” - quest’ultima senza il lacerante urlo iniziale perde metà della sua forza - mentre i pezzi più riflessivi riescono ad avere (quasi) l’atmosfera ipnotica di sempre. Anzi, tutto sembra procedere sempre meglio col passare del tempo; soprattutto Jim sembra sciogliersi da quello stato di strana tranquillità.

Ed infatti la finale epica “The End” è, a mio avviso, la parte più sentita e valida dello show.

“This Is The End” annunciava già anni prima James Douglas Morrison

L’esibizione all’Isola di Wight doveva essere la prima tappa del secondo tour europeo della band, ma tale giudice Goodman ne impone la fine immediata perché il calendario di un processo così importante per la sorte dell’umanità non può certo subire modifiche. C’erano anche Milano e Roma tra le date fissate per quel settembre 1970.

Due anni prima avevano deliziato il pubblico europeo nel loro primo - quindi unico -
tour nel vecchio continente, compresa quella “storica” serata ad Amsterdam in cui John, Ray e Robby furono autori di una performance straordinaria senza Jim stramazzato al suolo davanti al palco mentre suonavano i Jefferson Airplane. Poteva fumarlo e non ingoiarlo quel fumo poche ore prima. Canned Heat e Jefferson Airplane, “gruppi spalla” e amici, non male direi come serata-concerto.

Fine del tour quindi e ritorno obbligatorio in Florida. Qui nelle settimane seguenti oltre a presenziare alle udienze, volare ad un concerto di Elvis e a fare bisboccia alle Bahamas, la band apprende le notizie della morte di Jimi e di Janis.

Per Morrison, già a pezzi, sono due durissimi colpi.

Le sue frasi di quei giorni “Non preoccupatevi la fine è vicina ahah” e “State guardando il numero tre”, se al momento sembravano rispecchiare il suo innato e beffardo senso dell’umorismo, pochi mesi dopo avranno, purtroppo, un altro ben più tragico significato.



“This Is The End” annunciava già anni prima James Douglas Morrison.

Dopo Wight, il processo, le morti dei due coetanei, gli ultimi due concerti della band con Morrison che non volle più suonare dal vivo. Poi quello stupendo ultimo album in cui finalmente poteva essere solo un vecchio uomo di blues e la partenza per la nobile città a raggiungere Pamela, per lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare daccapo...

“This Is The End”.

Prezzo irrisorio, cd+dvd di una performance leggendaria. Ahahahahah mi sembro coso la, mastrotta o mastrota con le pentole, la follia!

Purtroppo vi erano stati problemi all’impianto (tra i tanti casini di quel Festival)e l’illuminazione è scarsa. Prendiamo anche questo come un particolare degno della unicità dell’evento.

Roadhouse Blues – Introduction

Back Door Man

Break On Through


When The Music’s Over

Ship Of Fouls

Light My Fire

The End (medley: Across The Sea/Away In India/Crossroads Blues/Wake Up)

Bonus Feature : “This Is The End” featurette - con interviste a John, Ray, Robby e al manager Bill Siddons



Buon ascolto e visione.

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