"Havilah" (’08, ATP Recordings) è il frutto di un esilio auto-imposto in un rustico cottage nel pieno deserto australiano. E’ un disco che segna l’abbandono di quelle sonorità irruente e aggressive che permeavano i loro lavori precedenti che, in particolar modo “Wait Long by the River and the Bodies of Your Enemies Will Float By” e “Gala Mill”, puzzavano troppo di Bad Seeds e, soprattutto, di Crazy Horse.
Il frontman Gareth Libbard, perno creativo del gruppo, non è più uno degli innumerevoli nipoti di Neil Young, di cui però gli rimane la voce talvolta indolente e svogliata, bensì, per cantare dei suoi blues e combattere i suoi fantasmi, opta per un songwriting più languido e viscerale. Nonostante la volgarità tipicamente aussie permanga nella hit del full-length in questione, “The Minotaur”, in cui i nostri Drones giocano un po’ a fare i Beasts of Bourbon, sono quelle ballate elettro-acustiche tipiche della tradizione americana più southern, narrate però con l’accento spudoratamente australiano di Libbard, a tenere in piedi questo disco.
Al di là del lato musicale di “Havilah”, fresco e curato, forse a volte prolisso, ma certamente non originale, quello che colpisce di più è la facilità e la sincera limpidità con la quale traspare quello emozionale perché l’intimistica visione del mondo di “Oh My” (“People are a waste of food”), le cupe reminiscenze waitsiane (“Instead of shedding tears, I've learned to drink and piss instead...”), la delicata malinconia di “Careful As You Go”, la rassegnazione di “Cold and Sober” e l’avvolgente flusso di coscienza di “Luck in Odd Numbers”, quasi spoken-word in alcuni frangenti, sono cocenti testimonianze dell’essere nato nel mondo sbagliato, nel vedere come i propri sogni siano stati ricoperti da un immensa melma d’incertezza.
“Your Acting’s Like the End of the World”, perla del disco, è la strappalacrime esplosione finale di questo trip emotivo. Suona un po’ come la fuga da un amore perduto a bordo del polveroso cassone del più vecchio e rustico tra i pickups. Suona un po’ come campeggiare di fronte ad Ayers Rock e fumare la propria sigaretta come se fosse l’ultima.
"Havilah" non sarà che un toccasana per tutti che coloro che, dopo un periodo di sconfitte, delusioni e palate di merda in faccia ricevute dalla vita, avranno bisogno di sentire uno che è stato ancora peggio di loro. Tanto basta.
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