È la fine degli anni '70 quando sulla scena internazionale fa la sua comparsa questa band dal nome strano, in realtà di forte connotazione politica (le Colonne di Durutti sono un riferimento al movimento Zapatista, mi hanno detto), capeggiato in tutto e per tutto dal compositore inglese Viny Reilly di Manchester, tanto che in effetti di gruppo vero e proprio non si può proprio parlare, essendo il nostro l'unico componente che di volta in volta si avvale di collaboratori altrettanto noti e capaci.

La scena internazionale all'esordio è quella punk rock, con il lento declino del glam e del progressive, per intenderci quando cominciano ad affermarsi anche l’elettronica e gruppi come i Devo o Depeche Mode da una parte e la new wave e la dark wave dall’altra e la scelta di Reilly di fare musica sperimentale/ambientale d’avanguardia, (distinguendosi dal genere alla Brian Eno e Harold Budd), denota carattere e passione, la stessa che pervade ogni solco dei suoi album fin dall’esordio, e molto, molto romanticismo.

Il primo album si intitolerà profeticamente e con tono ironico “The return of the D.C.” e molto farà intendere della produzione futura che secondo me con LC raggiunge nel 1981, il picco massimo: la struttura è sempre la stessa, si tratta di singoli episodi di musica melodica per chitarra ed effetti, a volte di connotazione folkloristica, altre un mero tributo alla new wave, ma sempre rivisitata in un’ottica personale e colma di dolcezza. Tappeti sonori dove la chitarra, affiancata sapientemente dal piano, spicca come strumento eccelso su tutti. L’uso di percussioni anche è caratteristico della musica dei Durutti, affiancate a strumenti orchestrali, a voci mai prevaricanti, oppure a batterie elettroniche, quasi si trattasse di studi solitari su 4 piste in piccole camere, il tutto sempre capeggiato da chitarre dal suono cristallino e perfetto.

Per anni è stato molto difficile trovare materiale del gruppo, nonostante l’introverso Reilly abbia pubblicato fino al 2003; esiste anche un live ormai da collezione e un ormai lontano ricordo di uno stupendo concerto del 1984 in quel di Longiano. Ultimamente la Factory ha ristampato LC con materiale inedito, pregevole ma non imperdibile se paragonato al resto del cd; su tutte brillano le splendide, rarefatte PORTRAIT FOR FRAZIER, NEVER KNOWN e THE SWEET CHEAT GONE. Curiosa THE MISSING BOY, quasi in chiusura cd, dove drum-machine e voce di Reilly giocano con la new wave.

Un disco per nostalgici? No, direi un gruppo per nostalgici…

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