A volte è la musica a venirci a cercare, a stanarci negli anfratti nei quali ci siamo nascosti. Così è accaduto a me quando, per uno strano gioco del destino, mi sono trovato tra le mani questo disco. Ed è ancora più sorprendente se solo si pensa che nel momento di maggior avvicinamento alla musica progressive e psichedelica della mia vita, mi arrivi tra le mani un cd di musica glam rock-hard blues. Ma forse chiamarla solo glam ha veramente poco senso perché il cd in questione ha molte frecce al suo arco. Ed è, infine, notevolmente sorprendente pensare che in Italia ci sia gente capace di coniugare ed esprimere al meglio ciò che Bowie, Rolling Stones, Beatles, Queen e così di seguito hanno fatto, meglio di gruppi più blasonati e, decisamente, più ricchi provenienti dalle terre di Avalon.

Bene signori, ecco a voi i The Dust, una mescolanza di rock matrice inglese proveniente direttamente dai favolosi '70 proiettata con perfezionismo e gusto direttamente ai giorni nostri come se, per magia, il teletrasporto dell'Enterprise abbia creato una un continum spazio-temporale tra ieri e l'oggi.
Nato nelle terre trevigiane questo gruppo subisce una serie di rimaneggiamenti nella formazione tanto che dal lontano 1995 ad oggi la loro produzione consta di soli due demo ed un disco autoprodotto, quello che sto per recensire, che avrebbe dovuto essere commercializzato da Videoradio e che poi, per una serie di vicissitudini, è rimasto in attesa di una etichetta discografica seria.

Proviamo ora ad immergerci nelle atmosfere di Cinema Retrò, disco affascinante con tanta, ma tanta carne al fuoco. Al premere il tasto play si viene immersi in una "polverosa" stanza dove un probabile scrittore pigia i tasti della sua vecchia macchina da scrivere invitandoci a sederci comodamente in poltrona ad ascoltare la storia che sta per narrarci. Ed è sul ritmo scandito di tali tasti che si innesca un tappeto psichedelico alla Pink Floyd ad opera di synth, che esplode nella prima traccia di questo disco, "Rocketman", omaggio a quel Freddie Mercury che ben conosciamo. Rispetto alle premesse (l'ottimo tappeto iniziale), però, questo pezzo tradisce un pò le aspettative, molto easy e non particolarmente felice si rifugia in un pop curato ma poco convincente. Si procede con "The Sand Are Running Out" pezzo decisamente country-rock-beatlesiano-eagle. . . non so se mi spiego! Un bellissimo miscuglio tra pop e country che ben figurerebbe su di un disco dei Beatles o Llyle Lovett. Pezzo molto gustoso e pregiato. Il disco sale decisamente d'intensità ed innesca un tappeto atmosferico-psichedelico ad opera del basso del buon Andrea Salvador, dando vita alla splendida "Switched Off" che, a giudizio di chi scrive, è una delle perle del disco. Pezzo, quest'ultimo, decisamente rock con armonici che esplodono in ogni dove e una coda che ricorda molto da vicino le migliori trovate degli ormai dimenticati Kula Shaker. . . decisamente bello, una vera perla! Si prosegue con "Foolife", beatlesiana su ritmiche ragga che il buon Luca Somera alla batteria dispensa con generosità. Molto easy-listening questo pezzo, ma decisamente accativante. Siamo al momento di "My Love", dolcissima e bellissima ballad che ricorda molto da vicino alcune tematiche del Rufus Wainwright più pop. . . puro miele sciolinato con parsimonia e saggezza musicale. Altra piccola perla del disco! La voce del camaleontico Roberto Grillo si trasforma ora in una carezza ed ora in un urlo alla Robert Plant. Si prosegue con "Another Situation", pezzo rock che potrebbe, per gusto, figurare in "Radio Chaos" di Roger Waters (disco più commerciale dell'ex Pink Floyd dal concept molto interessante). Il disco è ora pronto alla seconda grossa impennata stilistico-creativa innescando la meravigliosa "Sammy e Jenny" che prosegue ed evolve senza interruzioni nella splendida "Never Stopping" dove la vena Zeppeliana si sfoga con tutta la sua potenza nella meravigliosa chitarra di Andrea Gottardi, negli splendidi sincopati e nella bellissima voce di Roberto Grillo che somiglia, ora più che mai, al mito Plant. Un lieve accenno ad un assolo di batteria e poi via al libero sfogo chitarristico, accenti evidenziati sui piatti ed hard blues a go-go. "It's You" prosegue in un omaggio ai Zeppelin nella strofa, mentre il ritornello ed il proseguo della traccia è decisamente un blues molto lirico ed evocativo. . . trasognante nei suoi cori e negli assoli di chitarra. Ancora una volta padrone della scena è la voce di Roberto Grillo e la chitarra Di Andrea Gottardi. A circa quattro minuti, però, il pezzo subisce una trasformazione passando tra il beat ed il funky alla James Taylor. Questi ragazzi hanno davvero molta voglia di suonare e stupire e si sente! Il disco chiude con la splendida "Know How You're Feeling" che è efficace fusione tra hard blues e jazz, molto passionale e seducente come solo la fusione di questi due generi può fare. Ma le sorprese non son finite perché la traccia si tuffa in una samba ed in un ritmo latino-americano che scuote dalla poltrona mettendo in risalto la base ritmica della formazione trevigiana. La traccia si chiude riprendendo le atmosfere blues-jazz con la quale era partita. Ed è così che il disco si accomiata, il nostro scrittore scrive le ultime parole e la macchina suona il campanello che indica l'andata a capo. Metafora sonora, quest'ultima, del "to be continued" dei film americani, lasciando, a ben sperare, intravvedere la possibilità che questo gruppo possa ancora continuare a produrre buona musica.

In conclusione questo disco di questa band emergente è gusto musicale allo stato puro. Non è innovativo, ma evocativo; non è tecnico, ma passionale. È tutto ciò che il mercato discografico vuol nascondere per continuare a commercializzare i propri prodotti privi di emozionalità e fantasia. I "The Dust" hanno una voglia comunicativa sonora che li pone a poca distanza dai gruppi che li hanno preceduti e, forse, li rende più veri e genuini. Il disco è francamente bello e merita l'acquisto. Una provocazione, però, la devo fare. Capisco l'esigenza di reinverdire i fasti della musica inglese anni '70 da cui scaturisce la volontà del cantare in lingua inglese, ma perché non provare a cantare nella nostra lingua canzoni che, così, sarebbero state fruibili ai più? Ora, non rimuovete "la polvere" dagli scaffali del vostro cuore musicale, lasciatela lì dov'è a ricordar quanto prezioso è l'insegnamento del passato. . . solo da esso può venire un meraviglioso futuro. Piccolo gioiellino italico tutto da ascoltare!

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