Prendete il doom dei danesi Saturnus in tutte le sue sfaccettature (quella unione di rabbia disperata e fortemente romantica che erompe con un growl cavernoso fusa con architetture melodiche ai limiti della malinconia più acuta, espressa con una bellissima voce in pulito). Unite tutto questo alle intelaiature acustiche degli Antimatter, annichilenti nella loro semplicità ma toccanti sino al più profondo lido del vostro cuore. Spruzzate infine il tutto con un vento gelido che crea quell'atmosfera nordica, fredda e fascinosa tipica degli Opeth (anch'essi acustici). Se facendo tutto questo ciò che ne ricavate è un doom eccezionalmente ascoltabile, facile da digerire perché non pesante e opprimente, permeato da una malinconia di fondo incredibile e costituito dall'alternarsi di rabbia misurata e momenti di profonda riflessione, beh allora siete vicini a The Fall Of Every Season.

Siamo al cospetto di una one-man band proveniente da Trondheim e costituita dal talentuoso Marius Strand, autore di tutti i testi, delle melodie, degli arrangiamenti e personale responsabile di tutta la sezione ritmica e melodica. Il nostro esterna il suo personale universo di spettri e demoni con una gracilità e delicatezza che è propria solo dei grandi: ascoltandolo mi sono venuti in mente subito i Saturnus, in grado anche loro di ricreare un mondo di dolce sofferenza di facile fruizione per tutti, organizzato secondo precise partiture e intrallacciamenti tra la dolcezza e la rabbia.

Il nostro però non si nasconde certo dietro ai suoi numi ispiratori ma ci sorprende con tanta maestria e personalità. Ascoltate la titletrack "From Below". Un delicato arpeggio sfocia in una lunga distorsione (alzi la mano chi non ha sentito un brivido e non si è ricordato di alcuni momenti di "Eternity" degli Anathema), per poi collassate su se stesso e originare il lento e mesto passo dell'armonioso doom (che controsenso!) di Marius. Il growl, come già detto, è cavernoso e pesante, ma si lascia ascoltare con grande facilità e non disturba nemmeno chi di growl (e doom) poco se ne intende. D'improvviso le nuvole si squarciano e il sole fa capolino, con il bel clean del cantante, ed è l'inizio di una serie di momenti in cui i cantati si alternano, in questa traccia come in tutto il disco.

Due gli episodi completamente in voce pulita: "Sisyphean" e "Escape Of The Dove", due parentesi acustiche create ad uopo per spezzare una possibile sensazione di pesantezza nello scorrere del lavoro: da segnalare soprattutto la seconda delle due, una piccolissima gemma (è piuttosto breve) di una tristezza devastante, un lamento d'amore, una poesia dedicata dal musicista alla sua amata.

I rimanenti due pezzi, "The Triumphant Beast" e "Her Withering Petals" sono altre due mattonate di notevole lunghezza (la seconda soprattutto), dotate di un'estenuante carica espressiva che svuota ma che, come già detto, non attanaglia e opprime. Merito sicuramente della varietà imposta dal musicista, che ha saputo sapientemente far ruotare le sue fonti di ispirazione all'interno anche delle stesse canzoni, creando una fitta rete di rimandi che altro non sono che pallidi riflessi di altri gruppi.

The Fall Of Every Season è un progetto che va seguito, "From Below" è un disco che va ascoltato più e più volte e assaporato, Strand si merita tutto il nostro rispetto per aver concepito un lavoro di suddetta fattura, al quale, senza ombra di dubbio, affibbio il massimo dei voti. Rivelazione.

 

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