Premetto che odio le raccolte, e che nella mia discografia ne ho ben poche.

A scopo puramente informativo, sto scrivendo per rendere giustizia a uno dei gruppi più importanti
degli anni '80 e oltre. Un gruppo capace di lavori come "Dragnet", "Hex Enduction Hour" fino a "Grotesque". Un gruppo che il compianto John Peel definiva come il suo preferito, perchè riusciva
a spiazzare l'ascoltatore ad ogni uscita. Un gruppo venerato qui in Inghilterra (seppur si tratta di un culto di nicchia), ma misconosciuto oltre i confini albionici.

Stiamo parlando dei The Fall, creatura dell'intrattabile, scorbutico, geniale Mark E. Smith.
Lo stesso, unico membro comune alle migliaia di line-ups e dittatore spietato e illuminato, definiva la loro musica come "Country & Northern", per differenziarsi dalle miriadi di gruppi "Arty" di cui la scena di allora era popolata, dei quali alcuni molto validi, pensiamo agli "Wire", ma la maggioranza indubbiamente penosa. L'accezione Northern era atta ad indicare inoltre l'origine del gruppo, la caligginosa Manchester, patria anche dei Joy Division (si dice che Ian Curtis usasse passare ogni giorno davanti al negozio dove Mark lavorava..).

Country in parte, ma anche Rockabilly, Punk, Funk, il tutto contaminato da una Elettronica povera e
immolato alla causa della ripetizione, vero credo della band.
La musica dei Fall era difatti ossessiva, ripetitiva se non nei contenuti stilistici quanto nella cadenza, creando una sorta di labirinto sonoro estremamente nevrotico ed epilettico. Questo era dovuto anche alle abitudini della band, che notoriamente abusava di anfetamine ed eccitanti.

"A-Sides" è ottimo nel proporre una serie incredibile di capolavori ai putroppo numerosi profani.
Senza dubbio in quanto A-Sides, ci viene presentato un prodotto che analizza la parte musicalmente
più accessibile del gruppo, trattandosi di singoli sovente orecchiabili e ballabili, ma proprio per questo e' piu' atto a farsi amare al primo assaggio.

Le canzoni sono come detto tutte validissime, fra queste fondamentale è ricordarne almeno qualcuna, fra cui l'iniziale "Oh Brother", sorta di manifesto sonoro del gruppo. La batteria in primo piano, che crea un clima psicotico assieme al pulsare incessante del basso, mentre spocchioso e nasale Mark E. Smith canta "Oh brother, we are in a mess!". Le vocine celestiali o infernali, a voi la scelta, unite a una tastiera quasi giocattolo e a una serie di rumori non meglio identificati creano il primo capolavoro. "Couldn't Get Ahead", fra le successive, e' ancora piu' ripetitiva, ai limiti del ricovero. Il ritmo si fa piu' veloce, con cacofonie varie e coretti Beat a contrappuntare un giro di basso che sembra creato apposta per la voce di Smith che stavolta, sfinito, urla che non ce la fa proprio più ad andare avanti. egue a ruota un Rock'n'Roll distrutto e affogato nel prozac come "Cruisers Creek", dove si può ballare o semplicemente caracollare.
"Hit the North" è uno dei pochi successi (commerciali) del gruppo, e davvero gradevole; qui Smith raggiunge livelli tali di insofferenza da competere in antipatia con Steve Albini. Ma per l'inno, la killer-track, non si puo' che citare la famosissima "Mr.Pharmacist", vera ode all'anfetamina. Il farmacista non e' altro che uno spacciatore, a cui Smith chiede "Give me some energy". Dopo questa richiesta il ritmo diventa ancora più serrato e nevrotico, quasi a simulare l'assunzione della sostanza. Il brano si chiude con il ritmo iniziale e con una ultima perla di Mark, che stavolta, serafico: "Mr Pharmacist, I'll be back...". Geniale.
Una atmosfera Dark ma una cadenza Rockabilly propellono "There's A Ghost In My House", di cui in seguito farà una cover anche Marc Almond, uno dei pezzi più ballabili del lotto.
"Victoria" riesce a creare una melodia memorabile, on echi da frontiera americana, e che, al solito,
la ritmica molesta e il cantato da folle riescono a salvare dall'essere una sicura chart-killer.
Per chiudere, ricordo la cesura dell'album "Dead Beat Descendant", anche questa molto Rock come aria, ma sfregiata dal reiterare immarescibile,continuo, degli strumenti, che davvero rappresentano uno stato emotivo paragonabile a quello del pazzo in procinto della lobotomia.
Sottolineo che comunque tutte le tracce sono degne di nota.

Davvero da riscoprire The Fall, per le liriche davvero uniche di Smith, nonchè per il suo modo davvero irritante ma favoloso di recitarle, per una musica di qualità, senza compromessi ma gradevole all'ascolto, almeno all'apparenza. Molto spesso mi succede infatti di essere molto piu'irritabile dopo aver ascoltato i macuniani, e sono certo che il loro obiettivo fosse questo, innervosire.

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