Facciamo una festa! Finger food, candele profumate, gente potabile, e l'elettronica di The Field in sottofondo. La sua è un'ambient techno che non dà fastidio, piacevole nelle sonorità e intrigante nella ritmica, con quel tanto che basta di campionamenti vocali. Così si presenta il disco di debutto (marzo 2007) di The Field, alias del musicista svedese Axel Willner: "From Here We Go Sublime", un titolo che è tutto un programma, come vedremo.
Dieci tracce, 66 minuti di musica a metà strada tra minimal techno e microhouse. Con una caratteristica: la ripetizione pressoché costante delle (micro)strutture che stanno alla base di ciascun pezzo. Fino a conclusione dello stesso, il che significa che l'obiettivo a cui vogliono arrivare questi brani, durata media tra i 5 e i 7 minuti, è generare nell'ascoltatore uno stato sospensivo e incantatorio: di trance, se volete.
Una tecnica di lenta ripetizione molto diversa da quella impiegata ad esempio nel minimalismo americano, più convulso e labirintico. Paragonabile piuttosto, facendo un parallelo con la danza, alle cerimonie dei dervisci rotanti, i danzatori turchi che girano per ore su se stessi alla ricerca dell'estasi. O del sublime, nel caso di The Field, di quella condizione cioè che sta sub limen, sotto la soglia della coscienza.
Ci riesce, il nostro Axel, in "A Paw In My Face", in cui campiona un frammento di qualcosa che non c'entra niente con tutto questo discorso, cioè una canzone di Lionel Richie, ripetendo tre note di chitarra ad libitum per svelare solo nel finale il riff completo. Oppure in "The Little Heart Beats So Fast", dove un gorgogliante synth bass ricorda certe atmosfere disco anni '70, e viene accoppiato a un sample di frigida voce femminile che ripete monotona il suo refrain «aah aah aah». E così altrove nel disco.
Dunque "From Here We Go Sublime" potrebbe essere scambiato per una gradevole raccolta dance oriented: avvolgente nelle atmosfere e coinvolgente nei tempi sostenuti e nella ritmica marcata. Ma basta un ascolto appena attento per rendersi conto che c'è ben altro sotto. Stando così le cose, dobbiamo accantonare questo lavoro duranti i ritrovi con gli amici per riservargli un posto speciale in occasione di un ascolto privato, fatto di concentrazione e raccoglimento.
Deciso allora: si cambia musica. Ma la festa la facciamo lo stesso, ok?
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