Ed alla fine successe, c'era da aspettarselo, ed è bello e giusto così…
Dimenticare le follie, le distorsioni e le contorsioni musicali, quasi tutte spedite sulla faccia oscura della Luna, a fare penitenza.
Solo un risveglio di normalità dopo una vita passata ad inseguire, fra palloncini colorati e coriandoli, un eterno big-bang ai limiti di una insaziabile voglia di essere diversi.
Canzoni morbide, sognate su “cuscini di vento”.
Chiusi nella loro grotta a piangere lacrime colorate pensando al passato, ad aspettare che questi giorni di isolamento ed angoscia passino.
Canzoni prevedibili, a volte, come la consapevolezza che "ogni persona che conosci un giorno dovrà morire".
Canzoni da confessionale.
Il “Sea Change” dei Flaming Lips.
Canzoni (quasi..) d'amore, nostalgiche, dal sapore settembrino, sfuggite ai Beach Boys di fine anni 60, quelli orfani di Brian, quelli di Dennis.
La disperazione lenta delle canzoni di “The Terror”, che talvolta emerge, ripulita però dell’angoscia sonora e della claustrofobia di quell’album.
Canzoni senza fretta.
Canzoni per augurare la buonanotte, dopo una bellissima giornata estiva passata sulle spiagge assolate e fiorite di Nettuno.
In fondo a questa inaspettata normalità, ci sono comunque sempre loro.
Con la loro malinconia magica, spesso accompagnata dall’eco lontana dei passi di un cavallo scintillante volato in cielo qualche anno fa.
E mi accorgo che, a contemplare la discografia di questi balordi, puoi trovare tutto l’arcobaleno della vita umana.
Sono sempre loro, non c’è alcun dubbio.
Fermi per un po’ di più del solito sulla Terra, a deliziarci con i loro giochi di prestigio, solo un po’ più facili da capire, in attesa che l’astronave riparta.
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