Ho conosciuto i Flaming Lips nel duemila, l'anno in cui è nata mia figlia.
Per la loro conoscenza ricordo perfettamente che devo dire grazie a Badly Darwn Boy ed alla sua "Magic in the air", che adoravo, e ad una webzine che indicava come la canzone ricordasse molto il sound e le canzoni dell'ultimo album di tali Flaming Lips.
E' tutto cominciato così, l'innamoramento, e tutta una serie di ricordi a seguire.
Non certo meno "magico" di due magici concerti (di cui uno con mia figlia e mia moglie, sicuramente il più memorabile), fu un ritorno a casa in macchina da un breve viaggio in regione, quando mia figlia era nata da poco.
Mia figlia nel seggiolino e "The Soft Bulletin" nel lettore CD.
Mia figlia nel retrovisore, la notte silenziosa intorno, e "A spoonful weighs a ton" nell'abitacolo.
Una delle pochissime volte che mia moglie ha detto di un album di cui le imponevo l'ascolto in macchina: "Questo disco mi piace".
Un motivo in più per ricordare quel viaggio.
Sono passati sedici anni, e da allora i Flaming Lips hanno prodotto tanta roba, ma il sound sembra un pò lo stesso, ora, che ascolto i primi tre brani di "Gli occhi dei giovani".
Mi sembra un'atmosfera simile, solo meno favolistica e sicuramente più decadente di quella di allora.
Gli archi sintetici di "Sunrise" (con un testo che trovo meraviglioso) mi ricordano tanto quelli di "Suddendly everything has changed".
Faccio inversione e, nel bel mezzo del viaggio di ritorno, in piena notte, ricordo di aver dimenticato una cosa in albergo prima di partire.
Un'appendice inaspettata di un viaggio finito sedici anni fa.
Ma ecco che all'improvvso iniziano quattro canzoni del tutto diverse, leggermente alienanti, anche se estremamente suggestive, mi ricordano i loro due ultimi album, in particolare l'ultimo, con il loro apice in "Listening to the Frogs with Demon eyes".
Mia figlia spaventata si sveglia e comincia a piangere come solo una bambina di pochi mesi sa fare, mia moglie mi urla contro.
Inverto, e pazienza per quello che ho lasciato in albergo, non vedono l'ora di arrivare a casa.
Della dolcezza ingenua di "The castle" nemmeno si accorgono, del resto sono passati sedici anni.
E' finita, neanche il pezzo con Miley Cyrus riesce a scandalizzarmi (in fondo non mi dispiace).
Insomma, ora che sono definitivamente a casa, un album difficile, impegnativo, molto elettronico (è questa la più grande novità), senza batteria, con tre/quattro brani usati come armi di distrazione di massa per i nostalgici deu Flaming LIps degli anni duemila.
Nulla di più, nulla di meno.
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