Ammaliante. Ecco come definirei "Telephatic Surgery". Un trip onirico e sognante. Una macumba sonora, un disco marchiato col sangue dei Lips, una musica che ti lascia a bocca aperta e con le palle a terra. "Telephatic Surgery" è il diamante della neopsichedelia.
A mettere subito in moto gli acidi gastrici nel nostro stomaco ci pensa la dura e quasi metal "Drug Machine In Heaven", che arriva lì, cattiva, davanti a tutto e a tutti, con voce graffiante, batteria incendiaria e due accordi tirati lì per fare più cazzosa la ritmica. Verrebbe da dire: "Ma questo è hair metal?". Ma poi arriva il riff vagamente grunge di "Right Now" e comincia un concentrato di Pink Floyd e di ritornelli enfatici a ripetizione che ti scassano le orecchie. La voce di Conye, che qua ricorda gli Husker, è sofferta ma rabbiosa. Dopo i 30 secondi distorti di "Michael, Time To Wake Up", si giunge a "Chrome Plated Suicide".
Una ballata malinconica ma speranzosa, triste, dolorosa, ma ottimista. La chitarra, che qui a mio parere si esprime al meglio, ha un suono sporco ma piacevole, a tal punto che non te ne frega niente di cosa c'è dietro e ti accontenti della bella melodia. Conclude con un finale ricco di pathos che dissolve, si rialza e si spegne. "Hari-Krishna Stomp Wagon" è un punk semplice e genuino che sembra uscire dal repertorio dei Pistols, ma il finale ci smentisce con un pizzico di psichedelia, che introduce "Miracle on 42nd Streets", un pezzo acustico, che sta bene così com'è, con quella voce sibilante da ninna nanna. Non so a voi che effetto vi ha dato, ma io c'ho visto echi di Minutemen ("Do you want New Wave or Do you want the Sound?" , "Cohesion"). "Fryin' Up" è in bilico tra un Hard Rock settantino e un garage chiassoso, che chiude con rulli di tamburi e schitarrate alla Van Halen.
Poi arriva il momento."Hell'S Angel'S Cracker Factory". Quel basso marcato e un motore accesso. Sembra l'intro di "European Son" dei Velvet Underground, ma arriva un primo accordo. E basta un accordo per capire da dove i Jane's Addiction si siano ispirati per le loro composizioni, specie per "Three Days". Un lavoro così estremo alle chitarre credevo che solo Jimi in stato di trance o Frank Zappa in "Gumbo Variations" fossero stati capaci di fare. Tra marasmi allucinanti, strambi strumentalismi, fisarmoniche, chiacchierate di sottofondo, suoni da videogame e clacson, si arriva stremati e con le borse agli occhi alla fine di questa diatriba assordante. Scoinvolti sì. Ma soddisfatti. L'"Interstellar Overdrive" dei Lips.
La chiacchierata musicale che introduce "U.F.O. Story" sembrerebbe calmare le acque, ma passano solo due minuti e ritorna un chiassoso noise psichedelico a farci soffrire, ma allo stesso tempo godere. A concludere, un pianoforte sentito e molto emotivo. "Redneck School of Technology" invece è un hard blues rivisto in chiave punk, molto molto allegro e deciso. Un altro piccolo gioiello dell'album è la ballata psichedelica "Shaved Gorilla", che influenzerà diversi gruppi indie a venire. Dopo l'acustica "The Spontaneous Combustion of John", che lascia dell'amaro in bocca, giunge "The Last Drop Morning of Dew", un pop rock energico e grintoso.
Siamo alla chiusura. "Begs and Achin'" mi sa di rock, mi sa di rapcore e mi sa di punk. Diciamo che mi sa di crossover. Almeno all' inizio. Poi si dilata sempre più in un piacevole pop rock che chiude in bellezza questo capitolo della musica dei Lips. Che voi lo crediate o meno, o ne siate o meno a conoscenza, questo disco è probabilmente uno dei migliori degli anni '80 nel panorama non solo sperimentale, ma anche di tutto il rock.
Un piatto difficile da digerire, ma variegato e pieno di spunti originali.
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