PPPrrrrrappappa prrrrappappappappa ppprrrrrappappa prrrrappappappappa...
e poi comincia quella meraviglia di canzone che si chiama "Feeling Yourself Disintegrate", quella meraviglia di canzone che prima mi ha sedotto, poi mi ha costretto all'ascolto, infine mi ha spezzato il cuore, troncato il fiato, rapito il cervello. Quella meraviglia di canzone che, verosimilmente, mi ha disintegrato.
Solo le orecchie, aggrappate alle cuffie, si sono salvate. Una canzone che a molti sembrerà nothing special, ma che per me è una delle possibili risposte alla domanda: perchè ami la musica?

"Feeling Yourself Disintegrate", nel momento stesso in cui mi ipnotizzò, 3 anni fa, riuscì a impedirmi ogni altra attività fisica o cerebrale per giorni e giorni, come molte altre grandissime songs. Mi viene in mente, tanto per citarne un'altra, "Under The Milky Way" dei Church... ma questa è un'altra storia.

The Soft Bulletin, uscito nel '99, ha vissuto da subito all'ombra di questa canzone, per me, nonostante sia per intero un capolavoro.
Ascoltarlo equivale ad osservare da un treno in movimento paesaggi illuminati, pieni di vita e di colore.
La voce inconfondibile di Wayne Coyne sorvola queste campagne con la leggerezza di uno stormo di rondini. È una voce vera, toccante, spesso stonata, come piace al Condor (che domenica 9/2 è tornato a volare con una doppietta).
E tutti gli strumenti danno l'impressione di suonare allo stesso modo, creando una simbiosi perfetta, gli archi con i bassi, le chitarre con il piano, tastiere, xilofono.

I Flaming Lips in questo disco (più che nell'ultimo Yoshimi...) riescono nel loro intento di proporre un suono più naturale e spontaneo possibile. Un suono lo-fi, e melodie bucoliche, ma a mio avviso meno stucchevoli di quelle dei Mercury Rev, con i quali i Flaming Lips hanno molto in comune, a partire dal produttore, Dave Fridmann.

Le canzoni hanno il potere di ronzare nella testa di chi le ascolti per lungo tempo, e penso al micidiale avvio con "Race For The Prize", o magari a "Waitin' For A Superman". A volte si lasciano andare a spasimi infantili, che piombano inaspettati alle nostre orecchie, ma le accarezzano, perchè quel basso, quella chitarra, quella voce sono magici, e conservano sempre il loro timbro, così dolce e sensibile.
E anche i momenti riflessivi, gli spazi vuoti - una delle caratteristiche preminenti del disco - riescono ad essere emozionanti.

Ecco perchè il sottobosco mondiale della musica li considera un gruppo di culto.

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