"Last minute on earth, in the rapids of time
A story on wheels without rhythm(or rhyme)
Racing the memory lane, high and low
You own the world but got nowhere to go"
Questo disco mi è capitato per le mani lo scorso Natale. Dapprima lo guardai con diffidenza, perchè non avevo avuto nessuna occasione di ascoltare questi "The Flower Kings" e non ero stato incoraggiato più di tanto da quello che avevo letto su di loro. Ma il tempo di ringraziare per il regalo, entrare in macchina e far partire il cd ed ecco che la mia idea si è subito ribaltata: questo disco mi ha colpito fin dal primo ascolto, con le sue melodie a volte solenni e a volte molto allegre, con la complessità sonora che lo contraddistingue, con i suoi arrangiamenti curati al minimo dettaglio sia con gli strumenti che con le voci.
Ci sono canzoni davvero belle in questo disco. Per citarne alcune: "Last Minute On Earth" è la lunga opener, fascinosa per la teatralità delle sue atmosfere, con un chorus di grande impatto e che vi rimarrà a lungo in mente. "City Of Angels" ha un gusto più progressive, ma non rinuncia ad ariose aperture alle melodie più dolci ed orecchiabili che ci siano. "Elaine" è un'ottima ballad resa più simpatica dal curioso testo che parla in maniera scherzosa, ma tenera, di una ragazza presa in giro da tutti per la sua bruttezza. "Sword Of God" è un pezzo molto più rockeggiante, specialmente nel riff principale, ma che non rinuncia a viaggiare sull'onda della solita amata progressive, in una parte centrale quantomeno "inaspettata" quando si ascolta la canzone per la prima volta.
Ah dimenticavo!: il momento più alto dell'album è raggiunto nella terza traccia, la splendida "Road To Sanctuary", tredici minuti e cinquanta secondi di espressione della fantasia e dell'estro della band di Roine Stolt, che ci regala un mix di suoni "esotici" e particolari, continui cambi di tempo e "umore" in una splendida composizione che attinge da mostri sacri degli anni '70 come Genesis ed Emerson, Lake & Palmer.
I musicisti sono ottimi, a partire da Roine Stolt(parte anche dei Transatlantic) che dimostra ottime abilità sia di compositore che di chitarrista, oltre ad una voce che impressiona più per la personalità che per la tecnica. Molto presente la tastiera, ma mai ingombrante. Il basso si sente un po' poco, ma disegna melodie interessanti. Batteria che aiuta il disco a riprodurre un'atmosfera molto "seventies", sia per lo stile che per i suoni usati da Jaime Salazar.
Se siete patiti del Progressive Rock non perdete questo disco, se invece non è esattamente il vostro genere dategli comunque una possibilità, probabilmente inizierete a cambiare idea.
Curioso.
Carico i commenti... con calma