Se fosse un luogo, forse sarebbe una foresta, lussureggiante. Una di quelle foreste tropicali (o dintorni) in cui il sole entra solamente a tratti. Una di quelle foreste dal sottobosco denso di suoni sconosciuti, e a cui non si riesce a dar nome Animali, uccelli forse, suoni a loro modo scintillanti e ben lontani da quelli che sarebbero seguiti due dischi più in la, quelli che sarebbero state le colonne sonore delle città morte ("Dead Cities"), sorta di rovescio della medaglia di questo e dai suoni ipertecnologici, altrettanto stupefacenti e belli, ma individuabili sotto tutt'altre coordinate spaziali e fors'anche temporali.
Definire naturali i suoni di un disco di questo tipo e genere, potrebbe magari sembrare un azzardato controsenso, se non fosse che sempre la qualità della musica è questione anzitutto di sensazioni. E, d'altra parte, è lo stesso titolo del disco a suggerirci la chiave di lettura: "Lifeforms", ovvero, un doppio cd strabordante di musica organica, forme di vita che faticano a restare inquadrate nell'ambito del loro alveo/canzone tracimando quasi sistematicamente nella traccia immediatamente successiva, figlie, allo stesso tempo, di quella immediatamente precedente. Sorta di continuum spazio/temporale, insomma, che rende arduo il focalizzarsi su una singola traccia piuttosto che un'altra e che, probabilmente, gli stessi Future Sound of London hanno faticato a contenere in uno spazio comunque estremamente dilatato (quasi 92 minuti), soprattutto vista la quantità di singoli che hanno ripreso, continuato ed ampliato il discorso/percorso di questo cd per ulteriori 70 minuti (lo stesso avrebbero d'altronde fatto e in maniera ancora più vasta con "Dead Cities" con ben 4 cd singoli).
Se questa musica fosse un lasso di tempo, insomma, di certo non sarebbe breve, eppure varrebbe bene la pena di essere vissuta, avendo però cura di muoversi piano (non è di certo musica da ballare), stando attenti a non far troppo rumore… per non disturbare la foresta ch'è d'intorno.
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