Pochi sanno dell'esistenza di Elsie, splendido disco degli Horrible Crowes pubblicato nel settembre 2011. Dietro il nome del gruppo si nascondeva Brian Fallon, in vacanza premio dai suoi Gaslight Anthem, gruppo di simpatici citazionisti di cui il biondino è il cantante e il chitarrista pasticcione.

Era un album lento e doloroso, pieno di ballate sulfuree che aveva accompagnato il mio inverno innevato. Fallon era entrato definitivamente nel mio cuore e nella mia stanza di 32enne e mi aveva fatto sobbalzare il cuore malato quando a marzo aveva annunciato il nuovo disco della band titolare. 

Ed eccolo qui Handwritten, con la sua copertina anni 50, con i nomi dei musicisti in bella mostra e il simbolo della Mercury Records, la nuova casa discografica.

Alla produzione Brendan o Brien, e sai la sorpresa, ha prodotto anche 4 dischi di Springsteen (tra i piu recenti e meno riusciti) mai nascosta musa della band del New Jersey (essì, proprio come il boss: ci si mettono anche i natali). Volevano pubblicare il nuovo  The River, è venuto fuori un disco di b-side dei Pearl Jam (toh, anche loro prodotti da O Brien). 

Di positivo c'è che rispetto ai dischi precedenti, questo non presenta sbavature e tremolii vari, le chitarre non si limitano allo gneogneo ma rischiano anche qualche assolo e qua e là compare un pianoforte a levigare i tavoli. 

Inoltre l'ex Ricky Cunningham del punk sembra aver messo le briglie alla sua voce demolitrice e canta in maniera piu convinta, senza pasticciare ai limiti della stonatura come spesso fa dal vivo, arrischiandosi in svolazzi grintosi ai limiti del dilettantismo. Purtroppo mette l'ugola al servizio di testi pochi ispirati in cui, bontà sua, spariscono "faith" e "heroes" ma si assiste ad una inondazione di "blood" in metà delle canzoni. Nell'altra metà si erige a moderno Romeo sceso sulla terra a salvare le fanciulle dagi amanti cattivi che rendono amara l'anima.

Si salva davvero poco in questo minestrone sonoro: forse l'iniziale "45, buona sgambata per spezzare il fiato; magari Handwritten se non ripetesse il ritornello troppe volte; probabilmente Here Comes My Man, pezzo scritto dal punto vista di una bimba amareggiata con il suo lui (uh che novità) in cui, udite udite, il ritornello fa Sha la la. Meritano la promozione i due brani conclusivi, Mae e l'acustica The National Anthem, non a caso gli unici due brani che no avrebbero sfigurato nel sopracitato Elsie.

Il resto è confuso e fracassone, ripetitivo e fiacco, a partire da Keepsake che ha la strofa pari pari a Smile dei Pearl Jam o Too Much Blood, in cui Brian si sfiata manco fosse Chris Cornell. Biloxi Parish si perde nella nebbia dei ritornelli allungati e Howl si segnala per la breve durata e il finale parlato. Resta da dire di Mullholland Drive, altra pseudo cavalcata redentrice e Desire, il pezzo peggiore di tutto il loro repertorio con i suoi "oh oh oh oh" che nemmeno più Ligabue.

Privo di ispirazione e aspirazioni, venderà un mucchio di copie, c'è da scommetterci.

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