Mi fa sempre piacere ascoltare un album dei Gathering, perché pur non sapendo cosa aspettarmi sono certo che sarà una sorpresa piacevole, spiazzante, preziosa.

La loro storia è un fiorire di idee e una giostra di cambiamenti stilistici, che li hanno portati dal gothic doom degli esordi fino a questo “Afterwords”, passando negli anni per un crescendo di popolarità insieme all’indimenticabile Anneke Van Giersbergen, oggi occupata nella sua carriera solista.

Ascoltando quest’ultimo lavoro della band di Oss risulta evidente la loro innata vena sperimentale, la loro voglia di manipolare i suoni, di cercare qualcosa di alternativo e di nuovo, e infatti anche questa volta riescono a regalarci un album fuori dagli schemi. “Afterwords” è sostanzialmente un CD (o vinile se preferite) di brani quasi completamente strumentali, che in diversi casi (vedi “Gemini III”, o “Fading In, Tuning Out” per esempio) riprendono brani del precedente “Disclosure”, riarrangiandoli e trasformandoli in veri e propri “remix”. Dico remix perché i Gathering questa volta si divertono a giocare con l’elettronica e con suoni assolutamente sintetici e “spaziali”, tanto che non credo di esagerare descrivendo lo stile di questo “Afterwords” una via di mezzo tra i Depeche Mode e i Massive Attack!

La sensazione che pervade chi ascolta questi suoni è quella di essere circondato da onde sonore, a tratti dolci, talvolta quasi pinkfloydiane; sentitevi la finale “Barenfelds” per capire cosa voglio dire… la parte conclusiva del pezzo, oltre a riprendere la bellissima “Heroes For Ghosts” del precedente album, si conclude con un paranoico synth che ricorda molto da vicino “On the Run” di “The Dark Side of the Moon”… Altra sorpresa che troviamo è la partecipazione del primo cantante della band, Bart Smits (voce appunto in “Always…”), che è protagonista del brano Afterwords. Unico lato negativo che mi sento di sottolineare è la quasi totale assenza della voce di Silje, che in questo album è relegata decisamente in secondo piano, “superata” dalla ricerca dei suoni e “assorbita” nel tutt’uno di musica, anima, mente e cuore che questi 8 brani riescono a generare.

La continuità con “Disclosure” è forte, a partire dalla copertina, molto simile alla precedente; inutile parlare dei brani inediti e dei remix… qui è tutto una cosa sola, che muta e fonde in continuazione elementi diversi. A mio parere questo “Afterwords” è da considerarsi non tanto come un album vero e proprio ma come un plus del precedente lavoro; niente rock o psichedelica in questo capitolo, ma solo musica “sintetica” ed emozioni senza guinzaglio, lontanissimi da tutto ciò che i Gathering hanno fatto finora.

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