La brillantezza del Pop ancora riesce a stupirmi, perchè ogni volta penso di conoscerla e vado cercando le pietre preziose negli infiniti sottogeneri mentre ci sono individui come i The Go-Betweens, dalla terra dei canguri, che mi ricordano che non conosco proprio un cazzo. Scavo come un minatore, in testa la mia candela consumata lascia cadere gocce di cera roventi che si mischiano al sudore sulla mia fronte e che talvolta mi infastidiscono a tal punto che getto a terra il piccone e mi chiedo se ne valga davvero la pena; chili e chili di musica scovata, ascoltata, buttata perché sebbene inizialmente luccicante si dimostra poi essere pirite, l'oro degli sciocchi.

Ma per vivere si deve andare avanti, ho a casa una famiglia che mi aspetta e non può essere un mio momento di sconforto a farli morire di fame, così continuo a scavare nei cunicoli del Country, nei tunnel del Jangle, negli antri del Folk, nei solchi sterminati del Lo-Fi. Ogni tanto però mi accorgo che è in superficie, nei terreni già saccheggiati del Pop più comune, che si nascondono le gemme più preziose; una vangata tirata per caso mi ha portato fra le mani "16 Lovers Lane", lo analizzo a partire dalla copertina semplice semplice in cui a farla da padrone è la figura intera di Amanda Brown, lo ascolto mentre a fine giornata esco dalla miniera ed ecco che il cielo si fa scuro un po' più tardi del solito.

I The Go-Betweens hanno impiegato parecchio, cinque album, prima far uscire sul mercato questo forziere colmo di gioielli, sepolto ormai dalle sabbie del tempo; si parla, infatti, del 1988. Non sono molte le band che hanno avuto a disposizione così tante possibilità per partorire il proprio capolavoro, il che fa pensare a quanti capolavori possano essere rimasti nel mondo delle idee, inseguiti attraverso esordi promettenti, conferme all'altezza, ottimi dischi della maturità, e poi bum - il gruppo scoppia, ucciso dalla noia, dal blocco dello scrittore, da feroci litigate, da troie portatrici di discordia.

Non è il caso loro, o almeno non totalmente, ma per questo c'è la storia a raccontarlo, storia di cui "16 Lovers Lane" rappresenta un capitolo centrale, se salti quello non capisci più un tubo dello svolgimento dei fatti, cause ed effetti si mischiano. Poche volte, a fine giornata, mi è capitato di uscire dalla miniera consapevole di aver trovato non una pietra, non un reperto, ma un vero e proprio tesoro sepolto; riportato alla luce, ci si rende conto che quelli che si hanno fra le mani, da "Love Goes On!" - titolo ignobile, sì, ma canzone straordinaria - a "Dive For Your Memory", sono dieci autentici pezzi da museo.

E' uno scrigno color 80s, pieno di un Pop/Rock raffinato, laccato e lucido, senza serratura, immediato, con "The Devil's Eye", "Love Is a Sign", "I'm All Right" che ti sgusciano via fra le dita mentre te le porti al viso contento dopo averle affondate avidamente nel forziere. E come in ogni corsa all'oro, anche qui ovunque è pieno di sciacalli che vogliono rubarti i pezzi, o comprarteli a prezzi irrisori, per metterli poi nelle loro vetrine, all'attenzione di tutti: "Streets Of Your Town" risultò troppo allettante come occasione per fare dei The Go-Betweens un monumento della musica australiana da mostrare al mondo, e funzionò; allo stesso modo "Was There Anything I Could Do?" finì per diventare una gemma rubata e data in pasto alle radio, un grammo della malinconia nascosta che questo gruppo portava sempre nelle proprie tasche.

Così prima che sia troppo tardi prendo un paio di gemme da portarmi via nascoste sotto il cappello, mi trovo a dover scegliere fra la straziante "Quiet Heart" e l'apparentemente (ma solo apparentemente) soleggiata "Clouds", a mio giudizio le due facce più rappresentative di quanto bene, a noi minatori, abbia portato il lavoro di Robert Forster, Grant McLennan, Lindy Morrison e John Willsteed, oltre alla già citata Amanda. Come spesso accade, nel dubbio le prendo entrambe.

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